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L’INCURSORE SASSARESE SFIDA IL GELO DELL’ANTARTIDE

(di Nadia Cossu) – «All’improvviso,
dove prima c’era il ghiaccio compare il mare. Arriva la prima foca, si guarda
intorno e studia quegli strani esseri con i tutoni imbottiti, colorati di
rosso». Curiosa, sorveglia – tenendosi a debita distanza – un gruppo di uomini
che sta facendo qualcosa di veramente straordinario.

Tommaso
Pischedda, sassarese, sottufficiale della Marina, 42 anni compiuti lo scorso
novembre al Polo sud, parla con l’emozione di chi sa bene quali sorprese può
riservare il pianeta nel quale viviamo. E lo sa a maggior ragione ora che è
approdato tra i ghiacci della calotta antartica.
Nella
base italiana “Mario Zucchelli” a Baia Terra Nova, in Antartide, è cominciata
lo scorso 16 novembre la trentunesima campagna estiva del Programma nazionale
di ricerche in Antartide. La missione – che durerà fino al 12 febbraio –
coinvolge in tutto duecento persone: ricercatori italiani e stranieri oltre ai
militari di supporto.

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Della spedizione coordinata dall’Enea (l’Ente nazionale
per l’energia e l’ambiente) fanno parte anche due palombari del Comsubin
(Comando subacquei e incursori della Marina militare) che hanno superato una
rigida selezione e ora supportano le attività del team scientifico sotto il
ghiaccio. Uno di questi è proprio il sassarese Tommaso Pischedda.

«La
mia avventura con l’Antartide – racconta – è iniziata ad agosto quando sono
stato richiamato dalle ferie e convocato a Roma per effettuare le visite
mediche», tappa obbligata quando si fanno missioni estreme. «Giusto il tempo di
vedere gli amati Candelieri – sorride – e l’indomani ero nuovamente sul
traghetto per Civitavecchia. Dopo un paio di giorni ho iniziato la fase dei
corsi e ora eccomi qui».
La
preparazione per affrontare una spedizione di questo tipo è molto impegnativa.
Il “settimo continente” ha l’aspetto di un deserto congelato e bisogna essere
pronti ad affrontare l’impatto. «Solitamente si inizia con un colloquio
valutativo nella sede dell’Enea a Roma – spiega il palombaro sassarese – Poi i
prescelti vengono mandati al Centro di selezione aerospaziale dell’Aeronautica
militare per le visite mediche specialistiche, a seconda dell’incarico
assegnato durante la spedizione. Il personale idoneo dovrà poi frequentare un
corso di due settimane. I primi sette giorni sul lago di Brasimone, dove si
tengono conferenze e lezioni sulla vita in Antartide, corsi pratici di primo
soccorso, anti-incendio, sopravvivenza in mare. Mentre la seconda settimana si
svolge a La Thuille (Aosta), si vive in tenda, senza i comfort a cui siamo
normalmente abituati e si mettono in pratica le lezioni apprese durante la fase
a Brasimone, si fanno anche lezioni di movimento in quota e in parete con gli
istruttori della scuola di alpinismo dell’Esercito, sul ghiacciaio del Monte
Bianco. Queste due settimane – aggiunge Tommaso – sono importanti anche per
creare amalgama tra chi parteciperà alla spedizione. Si vive a stretto
contatto, condividendo esperienze e culture differenti».

Ma
cosa si fa di preciso in mezzo al ghiaccio del Polo sud? Nel periodo estivo –
come quello in corso – c’è luce 24 ore su 24 e il team scientifico lavora a
temperature medie comprese tra 0 e meno 35 gradi centigradi. «Le immersioni
sono il cuore della missione – spiegano alla Marina Militare – Le acque sono
ricchissime di sostanze nutritive che danno vita a una complessa piramide
alimentare, di elevato interesse naturalistico. Il Cnr coordina la ricerca nel
campo della biodiversità, dell’evoluzione e dell’adattamento degli organismi
antartici, delle scienze della Terra, della glaciologia. E poi le attività di
monitoraggio negli osservatori permanenti meteo-climatici, astronomici e
geofisici». Un’impresa di tutto rispetto che affascina: «Quando riemergi – si
coglie passione ed entusiasmo nelle parole di Tommaso Pischedda – tremi per il
freddo ma sei ancora eccitato perché sei entrato in quel mondo di pochi. Questo
è l’Antartide per un palombaro di Marina: un mare di emozioni».

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