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POLIZIA, CHI DENUNCIA PAGA. SEGNALA RISCHIO AMIANTO, A GENOVA TRASFERITO SINDACALISTA

Chi
denuncia, paga in prima persona. In un Paese che gira al contrario, contro ogni
logica di tutela dell’ambiente e del lavoro, un dirigente sindacale che chiede
conto al proprio superiore della presenza di amianto in un
cantiere finisce sbattuto fuori. Senza possibilità di replica.

E’
quanto sta accadendo alla Questura di Genova. Protagonista, suo
malgrado, un assistente capo in forza alla Digos, l’ufficio che da
qualche anno è chiamato anche a monitorare – per prevenire incidenti – i
cantieri per l’Alta velocità nel nord Italia. Genova compresa, dove si
sta costruendo il Terzo valico, il tratto che collegherà il
capoluogo ligure a Milano. Ditta appaltatrice dei lavori è il Cociv,
che fa capo a Impregilo. Il 22 luglio, nel corso dello scavo, il
cantiere è stato costretto a uno stop (che dura tuttora): per ammissione della
stessa azienda, nel tunnel è stata rilevata un’alta concentrazione di amianto.
La
notizia finisce subito sui giornali locali, ma passano quasi venti giorni prima
che qualcuno in Questura si preoccupi per la salute degli operatori della
Digos, la cui presenza all’interno del cantiere è documentata da molte
fotografie (di cui il Fatto è in possesso).

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Il 10 agosto il Siap,
attraverso un volantino, chiede conto al dirigente della Digos e al questore di
quella presenza. Per tutta risposta, il giorno successivo i vertici
dell’ufficio decidono di convocare tutte le pattuglie (una per una) impegnate
nel monitoraggio del cantiere diCravasco per rassicurarle, fornendo
– solo verbalmente, nonostante le reiterate richieste del sindacato – dei dati
confortanti. Tra gli operatori c’è anche l’assistente capo, che però è quadro
sindacale dello stesso Siap. Durante il colloquio, i toni si accendono. Il capo
della Digos – si legge poi nella relazione che precede la domanda di
trasferimento – “afferma chiaramente la natura non sindacale dell’incontro con
l’equipaggio”; eppure del volantino si parla, eccome. Il delegato sindacale,
sentendosi preso in giro, fa partire una rispostaccia. E, si sa, la polizia non
ammette insubordinazione. Neanche da chi, in 23 anni di carriera, ha riempito
il proprio curriculum solo di encomi. E invece tanto è bastato perché
l’assistente capo venisse proposto per ladeplorazionecinque
anni senza avanzamenti di carriera né di stipendio
. L’anticamera della
destituzione. Una misura ritenuta eccessiva dalla stessa commissione
disciplinare, che a novembre ha ridotto la “pena” a un semplice richiamo
scritto
.

Ma al
dirigente della Digos – che pure in questi anni ne aveva firmato le schede di
valutazione con il punteggio massimo – non è bastato e subito dopo ha fatto
partire la richiesta di trasferimento d’ufficio. Motivazione? “In
assoluta assenza di atteggiamenti discriminatori o tesi a emarginarlo”, si
legge nel documento, l’assistente capo “non svolge più i suoi compiti con
serenità”. Non si capisce se a dare così tanto fastidio sia stato un
“vaffanculo” o la denuncia sull’amianto che avrebbe rovinato l’ambiente
nell’ufficio. Bisogna tener conto che, nonostante l’Asl abbia parlato di
“valori costantemente inferiori a 1 fibra/litro”, il cantiere è fermo ancora
oggi. Fatto sta che venerdì scorso il Questore di Genova, irremovibile,
nonostante la memoria difensiva del poliziotto, ha comunque firmato il suo
trasferimento all’ufficio immigrazione.
C’è
da aprire una parentesi. La polizia è l’istituzione col più alto tasso di
sindacalizzazione d’Italia: il 98 per cento dei poliziotti ha una tessera in
tasca.

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Questo significa che all’interno delle Questure l’equilibrio tra le
numerose sigle è sempre precario e che dirigenti e Questori sono chiamati a
renderlo il più stabile possibile. A Genova il sindacato più rappresentato è il Sap,
seguito – dopo la rottura e l’esodo di massa dal Silp Cgil –
dal Siap e poi dal Siulp. Quanto gli equilibri sindacali possano
aver pesato sulle scelte, non sta a noi ipotizzarlo. Il Fatto ha interpellato
senza esito la Questura di Genova.

Ora
il Siap, dopo aver già depositato un esposto in Procura, “sta preparando un
ricorso al Tar ed è pronto ad andare fino in fondo”, spiega il
segretario provinciale, Roberto Traverso. Certo è che il
messaggio che queste scelte fanno passare (chi denuncia paga) sicuramente non
fa bene all’immagine della polizia. Soprattutto a quella di Genova, impegnata a
rialzarsi dopo l’onta del G8.

(di Silvia D’Onghia) 

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