Ennesimo suicidio nelle forze dell’ordine: agente di polizia penitenziaria si toglie la vita
Si è tolto la vita a 53 anni, lascia la moglie e una figlia, un agente della polizia penitenziaria in servizio nella casa di reclusione di Is Arenas, ad Arbus. “Nel pomeriggio di oggi, lunedì 10 ottobre 2022, in Sardegna, si è consumato l’ennesimo suicidio di un poliziotto penitenziario, un vice sovrintendente cinquantatreenne in servizio presso la Casa di Reclusione di Is Arenas. Ad ora non si conoscono le cause dell’estremo gesto messo in atto, pare, in un podere di proprietà dello stesso vice sovrintendente. Il collega lascia una moglie e una figlia”, fa sapere il sindacato Fns Cisl.
“La polizia penitenziaria è di nuovo in lutto, oggi piangiamo un altro servitore dello Stato. Purtroppo – dice il segretario generale Fns Cisl Giovanni Villa – non è la prima volta che scriviamo di colleghi che con gesti estremi si tolgono la vita. Un fenomeno questo che puntualmente ci lascia esterrefatti e che ci pone molte domande alle quali purtroppo non sempre si trovano le risposte. Chiediamo con forza all’amministrazione penitenziaria che si sforzi maggiormente nel cercare di prevenire questi gesti così estremi. Esterniamo le nostre più sentite condoglianze alla moglie e alla figlia unitamente a tutta la polizia penitenziaria e all’amministrazione con la speranza che non accadano più queste tragedie”, conclude Villa.
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Il suicidio tra gli appartenenti alle Forze di Polizia è una vera e propria emergenza, una condotta distruttiva, sintomo tragico di una profonda sofferenza interiore, di un disagio personale fatto di concause che si correlano a sofferenza della nostra esistenza quotidiana. C’è il desiderio disperato di dignità in un essere umano che sceglie il suicidio. Si tratta del 55° suicidio nelle forze dell’ordine dall’inizio dell’anno il 4° nella Polizia di stato. Valutare questi numeri è complesso, soprattutto stabilire che un evento tragico e intimo come il suicidio possa essere ricondotto a una condizione esterna alla persona più che alle sue più profonde ferite. Però quell’elenco riguarda persone che hanno in comune una vita strettamente dettata da regole militari, comunque rigide anche per i corpi civili, e che, soprattutto, hanno a disposizione una pistola, che utilizzano per togliersi la vita.