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Denunce sui colleghi taciute ai superiori: Carabiniere punito con 4 giorni di consegna

(di Avv. Umberto Lanzo) – Con una sentenza che affronta importanti questioni relative agli obblighi di comunicazione dei militari e ai limiti della tutela del whistleblowing, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise ha respinto il ricorso di un appuntato scelto dell’Arma dei Carabinieri contro una sanzione disciplinare di quattro giorni di consegna.

I fatti all’origine della controversia

La vicenda trae origine da due denunce presentate dal militare presso la Questura di [OMISSIS] nell’agosto e settembre 2017, nei confronti di suoi superiori per fatti risalenti al periodo in cui prestava servizio presso la Stazione Carabinieri di [OMISSIS]. In particolare, la prima denuncia riguardava una presunta falsa giustificazione fornita da un brigadiere per l’assenza di un luogotenente ad un’udienza, mentre la seconda concerneva la mancata emissione di un certificato di viaggio in occasione del trasferimento del ricorrente.

La sanzione disciplinare e le motivazioni del ricorso

A seguito di tali denunce, il Comandante della Compagnia Carabinieri di [OMISSIS] irrogava al militare la sanzione disciplinare, contestandogli la violazione dell’art. 748, comma 5, lettera b) del D.P.R. n. 90/2010 (Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare – TUROM), per aver omesso di informare l’Amministrazione di appartenenza della presentazione delle denunce stesse.

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Il ricorrente impugnava il provvedimento sanzionatorio dinanzi al TAR, sostenendo l’insussistenza dell’obbligo di comunicazione, in quanto le denunce non avrebbero avuto riflessi significativi sul servizio, anche perché riguardanti militari di una Stazione diversa da quella di sua appartenenza al momento della denuncia. Inoltre, invocava l’applicabilità delle cause di esclusione previste dall’art. 1466 del D.Lgs. n. 66/2010 (Codice dell’ordinamento militare) sull’esercizio dei diritti costituzionali e dall’art. 54-bis del D.Lgs. n. 165/2001 sulla tutela del whistleblowing.

La decisione del TAR: l’obbligo di comunicazione sussiste

Il Collegio ha respinto integralmente le argomentazioni del ricorrente, confermando la legittimità della sanzione disciplinare.

In primo luogo, il TAR ha ritenuto sussistente l’obbligo di comunicazione ai sensi dell’art. 748 TUROM, accogliendo un’interpretazione estensiva della nozione di “riflessi sul servizio”. Secondo il Tribunale, tale espressione va intesa come finalizzata a rendere doverosa la comunicazione ai superiori di qualunque fatto attinente al servizio, senza che il militare possa autonomamente valutarne la rilevanza. Nel caso di specie, le denunce presentate dal ricorrente, pur riguardando fatti relativi ad una Stazione diversa, erano idonee ad avere riflessi sull’attività dell’intera Legione Carabinieri, potendo comportare conseguenze sia sul piano disciplinare che organizzativo.

Il Collegio ha inoltre evidenziato come l’obbligo di comunicazione ex art. 748 TUROM sia espressione del più ampio dovere di ogni appartenente alle forze dell’ordine di tenere sempre un comportamento irreprensibile e conforme alla dignità delle proprie funzioni. In quest’ottica, l’Amministrazione deve essere messa a conoscenza di fatti che possono ledere il prestigio dell’istituzione o incidere sullo stato giuridico dei militari, al fine di valutare tempestivamente le opportune iniziative.

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L’inapplicabilità delle cause di esclusione

Quanto alle cause di esclusione invocate dal ricorrente, il TAR le ha ritenute entrambe inapplicabili al caso di specie.

Con riferimento all’art. 1466 del Codice dell’ordinamento militare, il Collegio ha precisato che la sanzione disciplinare non era diretta a punire l’esercizio del diritto di denuncia in sé, bensì la successiva inottemperanza all’obbligo di comunicazione al Comando.

Più articolata è stata invece la disamina relativa all’art. 54-bis del D.Lgs. n. 165/2001 sulla tutela del whistleblowing. Il TAR ha richiamato le Linee Guida dell’ANAC e la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che hanno fornito una puntuale perimetrazione dell’ambito applicativo della norma. In particolare, è stato evidenziato come la tutela del whistleblower non possa essere invocata per scopi essenzialmente personali o per contestazioni inerenti al rapporto di lavoro nei confronti di superiori.

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Applicando tali principi al caso concreto, il Collegio ha ritenuto che le denunce presentate dal ricorrente non rientrassero nella portata operativa dell’art. 54-bis. La prima denuncia, relativa alla presunta falsa giustificazione, non esplicitava una situazione di malfunzionamento della P.A. a causa dell’uso a fini privati della funzione, non essendo stato prospettato alcun vantaggio personale derivante dalla condotta denunciata. La seconda denuncia, concernente la mancata emissione del certificato di viaggio, esprimeva invece un interesse strettamente personale del denunciante, riconducibile alle rivendicazioni lavorative escluse dalla tutela del whistleblowing.

In conclusione, il TAR Molise ha respinto il ricorso, confermando la legittimità della sanzione disciplinare irrogata dall’Arma dei Carabinieri. La sentenza offre importanti spunti interpretativi su due istituti centrali dell’ordinamento militare e del pubblico impiego: da un lato, ribadisce la portata ampia dell’obbligo di comunicazione gravante sui militari, funzionale a preservare il prestigio e l’efficienza dell’istituzione; dall’altro, fornisce utili indicazioni sui confini applicativi della tutela del whistleblowing, escludendone l’operatività in presenza di denunce motivate da interessi meramente personali o da conflitti interni all’amministrazione.

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