DELITTO YARA GAMBIRASIO, LA CASSAZIONE CONFERMA L’ERGASTOLO PER BOSSETTI
La Cassazione ha confermato l’ergastolo per Massimo Giuseppe Bossetti, condannato in primo e secondo grado per l’omicidio di Yara Gambirasio, la giovane ginnasta di 13 anni il cui corpo venne trovato il 26 febbraio 2011 in un campo a Chignolo d’Isola, nella Bergamasca, a pochi chilometri da Brembate di Sopra, dove la ragazza viveva e da dove era scomparsa tre mesi prima.
La prima sezione penale della Cassazione, presieduta da Adriano Iasillo, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla difesa di Bossetti, condannando l’imputato al pagamento delle spese legali. La Corte ha anche dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla procura generale di Brescia contro l’assoluzione dal reato di calunnia per Bossetti.
La dura requisitoria del pg: “Bossetti senza pietà” – Nel concludere la requisitoria, la sostituto pg della Cassazione Mariella de Masellis ha avuto parole dure nei confronti del muratore di Mapello: “Non esiste un ragionevole dubbio che possa essere innocente Massimo Bossetti, il quale non ha avuto un moto di pietà e ha lasciato morire Yara da sola in quel campo”. Il magistrato de Masellis ha voluto sottolineare come il caso non abbia a che fare con quello per l’omicidio di Meredith Kercher, ribaltato a sorpresa dalla Cassazione: “Non è conferente il caso Knox, vicenda ben diversa”, ha precisato. “Non ci sono altri aspetti che possono essere esplorati. In questo processo non c’è stata alcuna violazione del contraddittorio, garantito nei due gradi di giudizio, in 50 udienze”, ha detto la pg: è stata “assolutamente corretta” l’attività di estrazione e repertazione, “atti irripetibili e non differibili” compiuti quando il fascicolo risultava ancora a carico di ignoti e il nome di Bossetti non era nemmeno ipotizzabile. Il dna, prelevato con un alcol test, “è un prelievo non coattivo” a cui Bossetti “ha dato il consenso”. “Il metodo del Dna nucleare – ha aggiunto, rispondendo a quella che è stata una delle contestazioni della difesa – è consolidato e utilizzato fin dal 1985. Possiamo parlare di un’impronta genetica, un’evoluzione dell’impronta digitale, maggiormente identificativa della persona”.