Editoriale

Da Carabiniere a Capitano: ecco quanto (poco) cresceranno gli stipendi

Finalmente si delineano le cifre del tanto atteso rinnovo contrattuale per le forze dell’ordine. Dopo tre anni di attesa, emergono i dettagli degli aumenti che, sulla carta, dovrebbero migliorare le condizioni economiche di chi ogni giorno veglia sulla nostra sicurezza. Ma basteranno questi incrementi a far fronte al crescente costo della vita?

Gli aumenti sotto la lente d’ingrandimento

Le prime stime che iniziano a circolare in una tabella divulgata dal SIM carabinieri, parlano di aumenti netti mensili che variano dai 60 ai 90 euro, a seconda del grado. Un Capitano, ad esempio, vedrà il suo stipendio crescere di circa 90 euro netti al mese, mentre un Carabiniere si troverà in busta paga circa 60 euro in più. 70 euro per un Appuntato Scelto qualifica speciale, 76 euro per un Brigadiere Capo e 86 euro per un Luogotenente CS. Cifre che, a prima vista, potrebbero sembrare significative, ma che richiedono un’analisi più approfondita.

L’inflazione divora gli stipendi

Negli ultimi tre anni, l’inflazione ha galoppato a ritmi sostenuti, erodendo il potere d’acquisto dei salari. Secondo l’ISTAT, nel 2022 l’inflazione media è stata dell’8,1%, con picchi che hanno superato l’11%. In questo contesto, gli aumenti proposti sembrano più un tentativo di recuperare terreno perduto che un vero miglioramento delle condizioni economiche.

L’anticipo di dicembre

Ma c’è di più. Molti si aspettavano consistenti arretrati, ma qui arriva la sorpresa: nella mensilità di dicembre 2023 è già stato erogato un anticipo del rinnovo contrattuale, come previsto dall’art. 3 del decreto-legge 18 ottobre 2023, n.145. Questo anticipo, corrisposto in un’unica soluzione, è pari a 6,7 volte il valore annuo lordo dell’indennità di vacanza contrattuale (IVC). In pratica, gran parte di ciò che sarebbe stato dovuto come arretrato è già stato versato.

Questa mossa, se da un lato ha fornito un’immediata boccata d’ossigeno, dall’altro rischia di lasciare l’amaro in bocca a chi sperava in un conguaglio più sostanzioso. Gli eventuali arretrati rimanenti, infatti, saranno con ogni probabilità di entità modesta.

Un rinnovo che non decolla

Il quadro che emerge è quello di un rinnovo contrattuale che sembra più un tentativo di tamponare una falla che una vera e propria ristrutturazione economica. In un periodo in cui il costo della vita continua a salire – basti pensare all’aumento dei prezzi di beni essenziali come alimentari ed energia – ci si chiede se questi aumenti saranno sufficienti a garantire un reale miglioramento delle condizioni di vita di chi indossa la divisa.

Le forze dell’ordine, pilastro fondamentale della nostra società, meriterebbero forse un riconoscimento economico più sostanzioso, che vada oltre il mero adeguamento all’inflazione. Invece, sembra che si stia giocando al ribasso, cercando di accontentare con il minimo sindacale chi quotidianamente rischia la propria vita per la nostra sicurezza.

La beffa nell’attesa

Come se non bastasse la delusione per le cifre, c’è un altro elemento che sta esacerbando gli animi del personale in divisa: i tempi di attuazione. Nonostante gli importi siano stati delineati, la loro effettiva erogazione sembra essere avvolta in una nebbia di incertezza burocratica. Passano i mesi, e di concreti passi avanti non se ne vedono.

Questa situazione di stallo non fa che aumentare il senso di frustrazione tra le fila delle forze dell’ordine. Non solo gli aumenti sono percepiti come inadeguati, ma la loro attuazione sembra essere rallentata da una macchina amministrativa che procede a passo di lumaca. Ogni giorno di ritardo è un giorno in cui questi professionisti continuano a lavorare con stipendi che non riflettono né il loro impegno né l’aumento del costo della vita.

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