Crosetto chiama a raccolta difesa e industria: “Innovazione e collaborazione per competere”. lo Stato Maggiore inaugura lo studio “Defence procurement”
Rafforzare il dialogo strategico tra difesa e industria italiana con l’obiettivo di creare un confronto costante che contribuisca alla sicurezza europea. E’ questo l’obiettivo dello studio presentato oggi in occasione del Forum organizzato dallo Stato Maggiore della Difesa “Defence Procurement: la prospettiva nazionale per una Difesa europea”. Le recenti evoluzioni dello scenario geopolitico hanno progressivamente alimentato le condizioni per il possibile incremento della spesa militare da parte dei Paesi Nato e, in particolare, dei Paesi dell’Ue. Una necessità volta non solo a elevare il contributo di tutti i membri dell’Alleanza atlantica ma che mira anche a fornire un adeguato impulso per lo sviluppo delle capacità di difesa e sicurezza dell’Ue. Le parole d’ordine secondo gli esperti del settore industriale, di quello universitario e delle autorità nazionali sono: collaborazione – soprattutto tra pubblico e privato – e integrazione tra industria militare e civile.
“Serve un’Europa che inizi a definire i requisiti comuni” nel campo della difesa “in modo da creare la possibilità di concorrenza tra le aziende e che queste nascano già interoperabili”, ha spiegato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, intervenuto in chiusura dei lavori del Forum. “Abbiamo bisogno di una crescita economica industriale concorrenziale, con prodotti della difesa che costino poco, per compete con la Cina, perché la standardizzazione delle produzioni economiche diventerà un elemento essenziale”, ha aggiunto sottolineando l’importanza di “massimizzare qualsiasi risorsa” un periodo storico “difficile e drammatico” dove la velocità di evoluzione tecnologica “obbliga a investire in innovazione” in contatto costante “con ricerca, industria e università”, abbattendo “le barriere storiche di egoismo” che esistono tra i diversi attori nazionali.
Nel corso della mattinata il dibattito si è concentrato sulle dinamiche acquisitive nel Defence Procurement – il processo di approvvigionamento – in un’ottica di utilizzo duale, integrando cioè scopi civili e militari. Secondo quanto emerso l’incremento del budget per la Difesa deve essere accompagnato dall’analisi dello scenario geostrategico e dalla definizione delle esigenze capacitive da implementare, oltre che da una puntuale cooperazione con il settore industriale, affinché il processo di approvvigionamento possa rispondere anche sul lato dell’offerta.
“Nonostante le forze armate e l’industria si muovano secondo binari diversi, questi non devono mai essere divergenti ed è importante che non si verifichi mai una inversione dei ruoli, con l’industria che esprime le esigenze operative e la difesa che decide le strategie industriali”, ha proseguito il capo di Stato maggiore della Difesa, Luciano Portolano. Per quanto riguarda l’Unione europea “la sfida di oggi è trasformare in un potenziale abilitante ciò che, al momento, viene percepito come un ostacolo all’integrazione. Se riuscissimo a far convergere gli interessi industriali verso obiettivi comuni, potremmo agevolare il conseguimento di una maggiore interoperabilità, intercambiabilità e interconnettività tra gli strumenti militari dei paesi membri dell’Unione, parametri fondamentali per un’efficace pianificazione e condotta delle operazioni militari in un contesto Joint and All Domain”, ha sottolineato Portolano.
Lo studio, che coinvolgerà aziende, università e istituzioni pubbliche avrà una durata di circa 8 mesi, e sarà presentato al termine della prossima primavera. Il secondo evento, di chiusura del progetto, avrà l’obiettivo, tra gli altri, di presentare e analizzare le risultanze delle ricerche propedeutiche a favorire la realizzazione degli Stati generali della Difesa. Nel frattempo oggi in occasione dell’inaugurazione dello Studio è stato sottoscritto un “Manifesto di intenti” tra gli stakeholder coinvolti, a sostegno di principi, impegno e condivisione a favore del Sistema Paese.
Tra i presenti all’iniziativa l’ambasciatore Stefano Pontecorvo, presidente di Leonardo, il presidente di Fincantieri, Biagio Mazzotta, l’amministratore delegato e direttore generale di Mbda, Lorenzo Mariani, e l’amministratore delegato di Rheinmetall Italia, Alessandro Ercolani. “E’ necessario individuare un approccio più pragmatico con un confronto su quali tecnologie di mercato abbiamo e avremo a livello europeo”, ha detto Pontecorvo sottolineando che la strada giusta “è quella battuta da Leonardo” e fatta “di sinergie” come “quella con Rheinmetall per il carro armato europeo; o con Baykar per i droni”. E poi “è lo spazio digitale” ad essere ormai “il campo di battaglia” e per questo “deve diventare un asset strategico”, ha aggiunto.
L’importanza della cantieristica, in questo caso navale come “elemento geopolitico”, è stata sottolineata da Mazzotta, secondo cui il travaso “tra civile e militare è fondamentale, e noi ne siamo l’esempio: su questo versante l’Italia si trova in punta”. Per l’Ad di Mbda, invece, la chiave di volta per l’Italia nel settore della difesa è “arrivare prima” battendo sul tempo al tavolo con i concorrenti dove “arriviamo tardi, mentre gli altri hanno hanno già studiato le soluzioni e avviato gli schemi produttivi”. Dove l’Italia è arrivata per prima, invece, è “nella collaborazione tra Rheinmetall e Leonardo: un primo embrione di cooperazione europea”, ha concluso Ercolani sottolineando: “Spero con questa iniziativa possa tenere il passo di questa maratona che si chiama costruzione di una architettura di difesa e sicurezza europea”.
Difesa senza antenne: l’Italia rinuncia al suo radar industriale all’estero
Un ruolo strategico, troppo spesso sottovalutato, è quello degli uffici militari all’estero presso le ambasciate italiane. Veri e propri avamposti di intelligence economico-industriale, questi presidi rappresentano i primi sensori capaci di intercettare segnali, esigenze e opportunità nei mercati stranieri. Non solo osservatori privilegiati delle dinamiche geopolitiche e di sicurezza, ma anche facilitatori di procurement per l’industria nazionale, in grado di orientare la presenza italiana nei settori ad alta competitività. In un contesto in cui la Difesa si intreccia sempre più con la dimensione economica, questi uffici possono trasformarsi in snodi essenziali di diplomazia industriale, rafforzando la proiezione internazionale del sistema Paese e dando concretezza all’obiettivo di un’Europa più integrata e sicura.
Eppure, nonostante il potenziale evidente, lo Stato Maggiore della Difesa – per la parte tecnica – e lo stesso Ministero della Difesa non sembrano intenzionati a investire su questa risorsa. Una scelta che rischia di lasciare scoperto un fronte cruciale: quello della diplomazia militare-industriale, capace di connettere la sicurezza con la competitività. Rinunciare a queste “antenne” equivale a indebolire il radar dell’Italia nei contesti internazionali, proprio mentre concorrenza e rapidità d’azione stanno diventando le armi decisive del futuro.
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