Coronavirus e elezioni: l’Italia è davvero pronta? Prof. Galli “Votare adesso è una follia”
Le elezioni in questo momento di emergenza sanitaria sono una follia”. Le parole del professor Massimo Galli, primario di Malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano, nel corso dell’intervista con Gaetano Pecoraro che vedrete presto a Le Iene su Italia1 non lasciano molti dubbi su quali siano i rischi di recarsi alle urne: spazi stretti, difficile rispettare il distanziamento e igienizzazione, tra matite e cabine.
E non è solo il professor Galli ad avere dei dubbi, come vi abbiamo raccontato qui anche il professor Andrea Crisanti ha espresso le sue perplessità, e c’è perfino chi ha indetto una raccolta firme per un ricorso di chi rischia di non poter votare a causa del coronavirus. Ma siamo solo noi a recarci alle urne in un periodo così difficile dal punto di vista sanitario? No, anche altri lo fanno o lo hanno già fatto, seppure in pochi, e con misure di volta in volta diverse.
Il caso più noto ed emblematico è quello della Francia. Il 15 marzo, nel pieno espandersi della prima ondata, si sono tenute le elezioni comunali. Una decisione molto contestata per il rischio che gli inevitabili assembramenti causassero ulteriori contagi. Il governo aveva previsto, per limitare la possibilità di infezione, obbligo di indossare la mascherina, gel igienizzanti in tutti seggi e di rispettare il distanziamento sociale mentre ci si trovava in coda per votare.
Il risultato? Un boom di contagi, con gli scrutatori tra i primi colpiti. Come riporta l’agenzia Agi a Billom nel centro della Francia una donna di 62 anni che gestiva un seggio elettorale è stata ricoverata in ospedale ed è risultata positiva. A Mitry-Mory, un sobborgo di Parigi, uno scrutatore è finito in ospedale in condizioni che destavano preoccupazione. Decine di altri casi sono stati registrati a Parigi e in tutta la Francia. Per questo i ballottaggi della settimana successiva sono stati rimandati al 28 giugno, facendo quindi passare oltre tre mesi, con le stesse regole di sicurezza, ma in un momento di forte restrizione della pandemia e con molti meno contagi. In quel caso non si sono registrati particolari problemi.
Un altro Paese a essersi recato al voto nei mesi scorsi è la Corea del Sud, dove il 15 aprile si sono tenute le elezioni legislative per il rinnovo del Parlamento. Ma il contesto era molto diverso dal nostro: Seul, come vi abbiamo raccontato qui, aveva contenuto in modo eccellente il coronavirus anche grazie alla passata esperienza con l’epidemia di Mers e la cosa ha reso molto più sicuro recarsi ai seggi di quanto non sia stato in Francia. E inoltre le misure sanitarie erano ferree: obbligo di mascherina, guanti e misurazione della febbre all’ingresso dei seggi. Oltre, ovviamente, al distanziamento sociale.
E gli altri? Beh, negli ultimi mesi nessun paese democratico ha votato. Una raffica di rinvii ha accompagnato i mesi della pandemia, per ultimo quello della Nuova Zelanda che ha deciso di posticipare a ottobre le elezioni politiche, ammesso che ci siano le condizioni sanitarie per farle. La Spagna ha posticipato il voto previsto per aprile delle comunità autonome di Galizia e Paesi Baschi, facendole tenere a luglio quando i contagi erano al punto di più basso della curva. Anche l’Italia le ha rinviate: sia il referendum che le elezioni regionali per cui siamo chiamati al voto il 20 e 21 settembre dovevano originariamente tenersi a maggio.
Come andrà il voto nel nostro Paese? Le indicazioni, per la verità poche, sono contenute in due testi: un decreto legge del 14 agosto e un documento firmato dal ministro della Salute Speranza e da quello dell’Interno Lamorgese il 7 agosto.
Il primo garantisce il diritto di voto a chi si trova in quarantena o ricoverato in ospedale Covid, con una complessa trafila di documenti da richiedere e presentare per poter ricevere a casa la scheda elettorale. Nelle strutture sanitarie dedicate ai malati di coronavirus, è previsto l’allestimento di appositi seggi ospedalieri. Il secondo invece stabilisce le regole per accedere ai seggi: in sintesi obbligo di mascherina, di usare il gel igienizzante quando si entra nel seggio (anche se non è indicato chi dovrà fornirlo), indicazione di evitare assembranti (anche se non è chiaro chi dovrà controllare), nessun obbligo di usare i guanti o misurazione della temperatura.
E infine, come fa notare l’Espresso, un’indicazione curiosa: i seggi dovranno essere igienizzati al termine di ogni giornata. Peccato però che, alla chiusura dei seggi tra il primo e il secondo giorno, le stanze vengono sigillate per garantire che nessuno possa manipolare le schede. E quindi come si farà a igienizzare un seggio sigillato? Nessuna indicazione.
Insomma, tornano in mente le parole del professor Galli: “Ma come si fa a fare le elezioni in uno stato di emergenza sanitaria? Abbiamo più di mille casi al giorno. Una vergogna totale”. Siamo davvero pronti a recarci ai seggi in totale sicurezza?
Redazione articolo a cura delle Iene.it