Comparto Sicurezza, Difesa e Soccorso Pubblico: una proposta di legge per colmare il divario pensionistico
Una nuova proposta di legge, presentata da Nino Minardo (Lega), attualmente Presidente della Commissione Difesa della Camera, mira ad affrontare le disparità nel trattamento previdenziale del personale appartenente al comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, che include le Forze armate, l’Arma dei Carabinieri, le Forze di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. La proposta nasce dalla consapevolezza delle specificità del ruolo e dello stato giuridico di tale personale, tenendo conto delle peculiarità dei compiti svolti, delle limitazioni personali derivanti e dei requisiti di efficienza operativa richiesti.
Lo svantaggio causato dalla riforma Dini del 1995
Attualmente, questo personale risulta svantaggiato sotto il profilo del trattamento previdenziale a causa dell’introduzione del sistema di calcolo contributivo previsto dalla riforma Dini del 1995. La proposta di legge si compone di quattro articoli che mirano a introdurre misure perequative in materia previdenziale per il personale in questione.
I quattro articoli della proposta di legge
L’articolo 1 stabilisce che, per il personale che cessa dal servizio per il raggiungimento del limite di età previsto per il grado rivestito, l’importo della pensione annua relativo alla quota contributiva sia determinato applicando il coefficiente di trasformazione previsto per l’età anagrafica stabilita per l’accesso al pensionamento dei dipendenti pubblici civili.
L’articolo 2 prevede un meccanismo di adeguamento automatico del coefficiente da applicare nel caso in cui vengano rideterminati i requisiti anagrafici per l’accesso al pensionamento dei dipendenti pubblici civili. In tal caso, il coefficiente di trasformazione per il personale del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico sarà automaticamente adeguato a quello previsto per l’età anagrafica stabilita per l’accesso al pensionamento di vecchiaia dei dipendenti pubblici.
L’articolo 3 introduce la possibilità, su richiesta degli interessati, di attribuire solo una parte degli aumenti del periodo di servizio ai fini del calcolo del trattamento pensionistico. Questa disposizione consente al personale di operare una scelta consapevole, valutando gli effetti derivanti dall’attribuzione del beneficio, senza comportare ulteriori oneri a carico dello Stato.
Infine, l’articolo 4 prevede la copertura finanziaria del provvedimento, stimando i maggiori oneri derivanti dall’attuazione delle disposizioni in 62,34 milioni di euro per il 2024, con un incremento graduale fino a raggiungere 311,7 milioni di euro annui a decorrere dal 2032. Tali oneri saranno coperti mediante una corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.
I limiti della proposta evidenziati da Infodifesa
La proposta di legge presenta alcuni limiti che sono stati già sollevati da Infodifesa in occasione di iniziative simili avanzate in passato, come quelle promosse dall’ex Ministro della Difesa Roberta Pinotti e dal Senatore Maurizio Gasparri.
Uno dei principali nodi critici riguarda il fatto che l’incremento del coefficiente di trasformazione sarà riconosciuto solo a coloro che raggiungeranno i limiti di età previsti dall’ordinamento, ovvero 60 anni per le Forze armate e di polizia. Questa disposizione rischia di diventare un incentivo a rimanere in servizio fino al raggiungimento dell’età massima, trascurando il fatto che molti militari e poliziotti, proprio a causa della specificità del loro ruolo, potrebbero essere costretti a lasciare il servizio anticipatamente per malattie, infortuni o patologie sopraggiunte.
In questi casi, se la legge non verrà opportunamente emendata, i lavoratori che non raggiungeranno i 60 anni di servizio si troveranno a subire una doppia penalizzazione: oltre al danno di dover abbandonare prematuramente il lavoro, dovranno fare i conti con una pensione notevolmente inferiore rispetto ai colleghi che avranno la possibilità di completare la loro carriera.
La disparità rispetto ad altri settori del pubblico impiego
Inoltre, la proposta di legge non affronta la questione dell’integrazione della pensione con la previdenza complementare, una richiesta avanzata da anni dal personale del comparto sicurezza. Altri settori del pubblico impiego, come la scuola e la sanità, già beneficiano di questa opportunità, mentre i lavoratori della difesa, sicurezza e soccorso pubblico si trovano a essere trattati diversamente, nonostante la specificità del loro ruolo.
La proposta di legge compensa i coefficienti come se si arrivasse a 67 anni, equiparando il trattamento pensionistico a quello dei dipendenti pubblici civili, ma non tiene conto degli effetti aggiunti derivanti dalla mancanza di una previdenza complementare. Questa sembra essere la vera specificità, ovvero l’essere trattati diversamente rispetto agli altri dipendenti pubblici che godono di previdenza complementare.
Un passo avanti con alcune criticità da affrontare
In conclusione, sebbene la proposta di legge rappresenti un passo avanti nel riconoscere le specificità del personale del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, presenta ancora alcune criticità che richiedono un’attenta valutazione e possibili emendamenti. Solo attraverso un confronto costruttivo e una revisione mirata sarà possibile giungere a una soluzione equa e sostenibile per tutti i lavoratori del settore.