Comandante della Guardia di Finanza Trasforma Caserma in Orto Personale: Finanzieri Costretti a Fare i Giardinieri
Nel cuore della capitale italiana, una storia insolita emerge dalla Guardia di Finanza, dove un ufficiale superiore è stato scoperto a utilizzare una caserma come se fosse una proprietà personale. La vicenda, ora al centro di un processo presso il tribunale militare, rivela dettagli sorprendenti.
La caserma, situata in prossimità di via Laurentina, è stata trasformata in un luogo di relax e svago personale per il comandante, con tanto di orto dove coltivare verdure e aromi. L’ambiente familiare era così marcato che i figli del comandante potevano giocare liberamente nei corridoi della struttura, quasi fosse una ludoteca.
La Denuncia e il Processo Inaspettato
Il caso ha preso una svolta inaspettata quando un militare della Guardia di Finanza, con 25 anni di servizio alle spalle e frustrato dall’atteggiamento del suo superiore, ha deciso di presentare una denuncia anonima. Dopo 25 anni di servizio come «onorato servitore dello Stato», non riusciva più a sopportare chi «le regole non le rispetta». E così ha preso carta e penna e ha denunciato ai suoi superiori cosa accadeva nella caserma dalle parti di via Laurentina. Le cose non sono andate come sperava: individuato e accusato di diffamazione, è finito a processo.
Fortunatamente, grazie ai racconti di altri finanzieri, l’imputato è stato assolto e la verità è emersa. Ora, l’ufficiale in questione potrebbe affrontare gravi conseguenze, data l’intransigenza che la Guardia di Finanza dovrebbe avere verso tali comportamenti.
Le rivelazioni hanno mostrato come il comandante abbia utilizzato il terreno interno alla caserma per il proprio orto personale, richiedendo ai finanzieri di curare le piante. Inoltre, ha installato telecamere per proteggere l’orticello, temendo che qualcuno potesse approfittare dei suoi prodotti.
Oltre all’orto, la caserma è stata utilizzata per cene conviviali, organizzate dal comandante e a cui partecipavano numerosi sottoposti. Il comandante «organizzava cene conviviali con un numero cospicuo di sottoposti, intrattenendosi con gli stessi fino a tarda ora, non disdegnando di brindare con qualche bicchiere di troppo», ha denunciato il finanziere ricordando come la faccenda sarebbe avvenuta anche «nel periodo delicatissimo dell’emergenza pandemica».
La struttura offriva anche la possibilità di parcheggiare macchine e gommoni. Nulla di strano se non fosse che l’imbarcazione era quella privata del comandante, e la macchina invece era quella di servizio usata per trasportare i figli dell’ufficiale. Del resto i pargoli erano di casa: avrebbero scorrazzato tra i corridoi della struttura «quasi fosse una ludoteca». Inutile lamentarsi, come riportato da Repubblica: «Se me fai girà i co… me tolgo er giacchetto e te gonfio. Se non te sta bene, fai domanda e vattene».
Questo scandalo, che ha scosso l’immagine della Guardia di Finanza, dimostra come, in alcuni casi, la linea tra servizio pubblico e uso personale possa essere sorprendentemente sfumata. La conclusione del processo potrebbe stabilire un importante precedente per il comportamento degli ufficiali nella Guardia di Finanza.
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