Avvocato Militare

Circolare Persomil: sì ai 10mila euro per la difesa legale dei militari, ma resta l’ombra della rivalsa e l’incubo della burocrazia


La legge è in Gazzetta, la Difesa la traduce in pratica

(di Avv. Umberto Lanzo)

L’11 aprile 2025 è stato varato il Decreto-Legge n. 48, convertito nella Legge n. 80 del 9 giugno 2025: un provvedimento che ha introdotto disposizioni urgenti su sicurezza pubblica, tutela del personale in servizio, vittime di usura e ordinamento penitenziario.

Ai militari e alle forze di polizia interessa soprattutto quanto scritto agli articoli 22 e 23: lo Stato, compatibilmente con il bilancio, anticipa fino a 10.000 euro per ciascuna fase del procedimento a titolo di spese legali, se si tratta di fatti inerenti al servizio.

Con la recentissima circolare, la Direzione Generale per il Personale Militare (Persomil), guidata dal Gen. D.A. Sardone, mette nero su bianco le condizioni, le trafile e i paletti.


Chi è coperto: un ombrello largo, ma non illimitato

Il beneficio spetta:

  • agli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza/polizia giudiziaria delle Forze di polizia civili e militari (art. 16 L. 121/1981);
  • al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco;
  • al personale delle Forze armate, inclusa l’Arma dei Carabinieri;
  • a coniuge, convivente di fatto (ex art. 1, comma 36, L. 76/2016) e figli superstiti in caso di decesso del dipendente.

La condizione è unica e netta: la vicenda giudiziaria deve avere un nesso diretto di strumentalità con il servizio. Non basta che si tratti di un dipendente in divisa: l’atto o la condotta all’origine del processo deve essere intrinsecamente collegata all’attività istituzionale.


Cosa significa “indagato, imputato o convenuto”

La circolare specifica prove ed esempi concreti:

  • Indagato se c’è un’informazione di garanzia (art. 369 c.p.p.), informazione sul diritto di difesa (art. 369-bis c.p.p.) o avviso ex art. 415-bis c.p.p.
  • Imputato se pendono: richiesta di rinvio a giudizio (art. 416 c.p.p.), giudizio immediato (art. 453), decreto penale di condanna (art. 459), applicazione pena ex art. 447, citazione diretta a giudizio o giudizio direttissimo (art. 449).
  • Convenuto se notificata citazione a comparire (art. 163 c.p.c.) o atto di citazione ex art. 86 del Codice di giustizia contabile (d.lgs. 174/2016).

La regola dei 10mila euro (anche a rate)

L’anticipo non può superare i 10mila euro per ogni fase del procedimento penale, civile o amministrativo. Ma c’è un dettaglio cruciale:

  • la somma può essere chiesta anche in modo frazionato, quindi con più istanze successive;
  • ogni tranche deve essere coperta da fattura o notula del legale di fiducia;
  • al termine del procedimento, tutto confluirà in una istanza di rimborso finale ai sensi dell’art. 18 del d.l. 67/1997, convertito in l. 135/1997.

Quando si restituisce: la rivalsa non è un tabù

Il militare deve sottoscrivere sin dall’inizio la presa d’atto dell’obbligo di restituzione. La rivalsa scatta:

  • se accertata responsabilità per dolo in sede penale;
  • se, pur esclusa la responsabilità penale, emerge in sede disciplinare una grave negligenza (sanzione almeno pari alla consegna).

In tutti gli altri casi invece:

  • se archiviazione, sentenza ex art. 425 c.p.p. (udienza preliminare), ex art. 469 c.p.p. (prima del dibattimento), ex artt. 129, 529, 530 commi 2 e 3 e 531 c.p.p.;
  • se successiva pronuncia ha escluso la responsabilità penale del militare; allora nessuna rivalsa.

Attenzione però: fuori dai casi di rivalsa, il dipendente deve comunque restituire la differenza tra quanto anticipato e quanto effettivamente pagato per la difesa.


La trafila burocratica, step by step

La procedura è dettagliata e non lascia spazi alla fantasia:

L’interessato deve presentare istanza al Comando di Corpo, indicando:

  • che la richiesta è formulata ai sensi dell’art. 22 D.L. 48/2025 convertito in L. 80/2025;
  • il mandato al professionista scelto;
  • la descrizione dei fatti e del contesto di servizio;
  • la fase del procedimento in corso;
  • l’importo richiesto (entro 10mila);
  • la documentazione giudiziaria (informazione di garanzia, citazione, ecc.);
  • le fatture/notule dell’avvocato (saldate tramite mezzi tracciabili — bonifico o assegno non trasferibile);
  • la dichiarazione di impegno a comunicare l’esito finale;
  • la presa d’atto degli obblighi di restituzione.

Il Comandante di Corpo deve trasmettere l’intero fascicolo a Persomil, allegando il parere sulla connessione dei fatti con il servizio.


Liquidazione: prima arrivano, prima incassano

La Direzione Generale liquiderà secondo tre principi:

  1. nei limiti del bilancio annuale disponibile;
  2. in ordine cronologico di arrivo delle pratiche;
  3. previo parere obbligatorio e vincolante dell’Avvocatura dello Stato sulla congruità delle spese.

Esistono elasticità: motivazioni straordinarie provenienti da Stati Maggiori, Comando Generale Carabinieri o Capitanerie di Porto possono far scalare la priorità. Ma sempre entro il termine procedimentale fissato dall’art. 1041 del T.U.O.M. (d.P.R. 90/2010).


Il confine con il Ministero dell’Interno

Resta ferma la competenza dell’Interno per i casi coperti dall’art. 32 della L. 152/1975 (“Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico”): cioè quando in servizio si è ricorsi ad armi o altri mezzi di coercizione fisica. Qui la Difesa non entra: paga solo l’Interno.


Una tutela vera o un percorso a ostacoli?

Il Governo lo presenta come un segnale forte: chi finisce sotto processo per aver adempiuto al proprio dovere non dovrà affrontare da solo il peso delle parcelle. Ma dietro la facciata della “tutela” affiorano crepe profonde.

I fondi sono limitati e destinati a esaurirsi: il militare che arriva tardi rischia di restare senza un euro. Nel frattempo deve inchinarsi ai tempi della burocrazia ministeriale, al parere del Comandante sul “nesso con il servizio” e infine al giudizio vincolante dell’Avvocatura dello Stato. Tempi che mal si conciliano con la concretezza delle aule giudiziarie: gli avvocati non aspettano i mesi di Persomil, le perizie difensive si pagano subito e spesso sono decisive per la discolpa.

La politica ne ha fatto uno slogan, ma la sostanza sembra diversa: un militare resta sospeso tra promesse e cavilli, con la spada di Damocle della rivalsa sulla testa e il portafoglio già alleggerito dalle prime fatture legali.

In sintesi: più che un passo avanti, sembra un cammino a ostacoli con il freno tirato. La volontà concreta di aiutare dov’è? Una tutela promessa, che solo il tempo dirà se sarà davvero anche tutela mantenuta.


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