Champagne, escort e mazzette per gli ufficiali. Scandalo travolge Agenzia Industria Difesa
Un colonnello dell’esercito, un brigadiere generale e un ingegnere che operavano nel settore militare dello smaltimento rifiuti, in servizio presso lo stabilimento di Parma dell’AID (ente pubblico controllato dal Ministero della Difesa). Poi il presidente di una Spa della provincia di Reggio Emilia con 20 milioni di fatturato e un centinaio di dipendenti, sua figlia e i suoi più stretti collaboratori. Sono i principali indagati di una vasta operazione condotta dalla Guardia di Finanza guidata dal colonnello Ivan Bixio e coordinata dalla procura di Reggio Emilia, che ipotizza reati di corruzione e sfruttamento della prostituzione. Escort di lusso, notti pagate in hotel da sogno, buoni benzina, cene, champagne e biglietti gratis per lo stadio Tardini di Parma, in cambio di lavori e incarichi esclusivi, a prezzi gonfiati, presso l’impianto di termodistruzione dove venivano smaltiti e resi innocui munizioni, missili e bombe al fosforo dell’esercito italiano e di altri paesi NATO come Francia e Regno Unito.
Il punto di incontro tra corrotti e corruttori è, secondo l’ordinanza firmata dal giudice Luca Ramponi, il termodistruttore installato presso lo stabilimento militare AID (Agenzia Industrie Difesa) di Noceto, in provincia di Parma, dove si esegue la “demilitarizzazione”. Dove cioè armamenti ritenuti obsoleti o inutili vengono resi innocui e distrutti: si tratti di munizioni per l’artiglieria o di bombe al fosforo bianco, si tratti di smontare missili ASTER francesi o HAWK dell’esercito italiano.
L’elenco delle regalie è dettagliato nell’atto di accusa e va dalle indicazioni nominative delle escort di alto livello (700 euro a incontro più cena pagata in ristoranti di pregio) a benefit ordinari come le tessere prepagate per fare benzina, i biglietti gratis d’ingresso allo stadio Tardini di Parma, le bottiglie di vini pregiati e gli immancabili doni natalizi.
“Nell’insieme” dice il procuratore Paci, “emerge un devastante quadro di mercimonio” e, nella sentenza, aggiunge il giudice Ramponi: “Senza alcun ritegno morale e rispetto per i doveri inerenti la disciplina militare”, i responsabili della società che risponde al Ministero della Difesa hanno mostrato “una fedeltà al corpo di appartenenza e ai propri doveri scarsissima” come scarsissimo è stato “il rispetto per la legge.”
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