Attualità

Cecilia travolta e uccisa da un’auto rubata da quattro rom. “Hanno meno di 14 anni e non sono imputabili”

L’addio in chiesa e la città sotto shock

Oggi Milano ha salutato per l’ultima volta Cecilia De Astis, 71 anni, travolta e uccisa lunedì in via Saponaro da un’auto rubata. Alla guida, non un criminale adulto, ma un ragazzino rom di 13 anni, affiancato da tre coetanei tra gli 11 e i 13. Nessuno imputabile.
La chiesa di San Barnaba al Gratosoglio era gremita. Il parroco, don Davide Bertocchi, ha ricordato: “Il nemico è il male, non i bambini”. Parole che hanno diviso: conforto per alcuni, rabbia per altri.


Un pomeriggio di furti, velocità e morte

Tutto inizia con un furto banale ma decisivo: i quattro ragazzini rubano una valigia da un’auto di un turista francese, trovandoci dentro anche le chiavi di riserva. Tornano, prendono l’auto e si lanciano per le strade del quartiere. Nessuna patente, nessuna esperienza, zero freni morali. In una curva, il controllo sfugge: Cecilia viene colpita in pieno e scaraventata a metri di distanza.
Abbiamo avuto paura e siamo scappati” è la loro giustificazione. Paura, ma non per la vita che avevano appena spezzato.


Tre presi, uno in fuga

La Polizia locale non ci mette molto a identificarli: le telecamere di sorveglianza li hanno ripresi in magliette giallo brillante dei Pokémon, prese poco prima.
Nella notte tra il 13 e il 14 agosto, tre di loro vengono fermati: una ragazzina intercettata sull’A6 Torino-Savona, due fratelli nascosti in un terreno agricolo a Beinasco (Piemonte). Il quarto minore è ancora latitante.
Tutti e tre finiranno in comunità protette, dopo che le famiglie si erano allontanate senza avvisare nessuno.
E qui arriva la beffa: non possono essere processati.


La legge italiana e il vuoto di responsabilità

In Italia, chi ha meno di 14 anni non è imputabile (art. 97 Codice Penale). Significa che, qualunque reato commettano – omicidio compreso – non possono essere puniti penalmente.
Al massimo, il Tribunale per i Minorenni può disporre misure di protezione o rieducative, come l’inserimento in comunità.
La ratio della norma è che, sotto i 14 anni, il minore non ha la capacità di intendere e di volere. Ma questa tutela, nata per proteggere i bambini, diventa un’arma spuntata contro crimini gravissimi commessi da chi sa benissimo quello che sta facendo.


Le parole della famiglia: dolore e rabbia

Durante l’omelia, la sorella Lina ha puntato il dito:

“Sei stata vittima del fallimento del sistema della società”.

Il figlio Filippo ha scelto la via della responsabilità condivisa:

“Non possiamo dare tutte le colpe a bambini così piccoli. Ma lo Stato deve impedire che si arrivi a tragedie simili. Servono controlli veri sul territorio”.


Il parroco: “Non nemici, ma vittime del male”

Don Bertocchi ha lanciato un messaggio che è già destinato a far discutere:

“Nessuna persona è da considerare nemica. Tanto meno bambini ai quali è stata negata l’infanzia. Possiamo solo pregare che trovino chi insegni loro l’amore che vince il male”.


Una ferita aperta

La morte di Cecilia De Astis non è solo un fatto di cronaca nera, ma il sintomo di un sistema che non riesce a proteggere né le sue vittime né i suoi figli più fragili.
Dietro quei volti di bambini che correvano via, c’è l’ombra di un’infanzia rubata e di una città che non sa come restituirgliela.
Se la legge non può chiedere conto a chi ha meno di 14 anni, resta una domanda amara: chi avrà il coraggio di cambiare le cose prima che accada di nuovo?


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