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Catcalling, condannati a Milano tre militari. Si tratta della prima sentenza in Italia per questo tipo di reato

Tre uomini, ‘imputati per catcalling’, sono stati condannati in uno dei primi processi nei quali è stato contestato questo tipo di illecito, che rientra nella fattispecie delle molestie verbali. I tre, all’epoca dei fatti contestati, erano militari in servizio attivo a Milano. Uno di loro ha poi lasciato le Forze armate.

Un mese di reclusione, con pena sospesa e non menzione. È questa la condanna emessa dal tribunale di Milano nei confronti di tre uomini, imputati nel primo processo in Italia per un caso di catcalling. Questo comportamento non rappresenta una fattispecie di reato specifica, ma rientra nel reato di molestie verbali rivolte per strada o in un luogo pubblico previste dall’articolo 660 del codice penale. In particolare, il catcalling indica frasi moleste e insulti in luogo pubblico.

Tre condanne per ‘catcalling’: cosa è successo

Secondo quanto ricostruisce il quotidiano Il Giorno, il giudice monocratico milanese Luigi Fuda ha ritenuto i tre imputati colpevoli. I fatti risalgono al mese di marzo del 2021, quando i tre – impegnati nell’operazione “Strade sicure” – avrebbero rivolto a una 19enne espressioni pesanti e insulti ripetuti nella zona di San Siro. La sentenza, oltre alla reclusione, prevede anche un risarcimento alla vittima di tremila euro e il pagamento delle spese processuali. Il giudice monocratico Luigi Fuda non ha riconosciuto le attenuanti generiche perché i tre “non hanno chiesto le scuse” alla vittima e all’epoca dei fatti non hanno considerato la giovane età della ragazza.

Cosa è il CatCalling

Molestia maschile consistente nell’espressione verbale e gestuale di apprezzamento di natura sessuale rivolto in modo esplicito, volgare e talvolta minaccioso, a una donna incontrata per strada o in un luogo pubblico

La sentenza

“Avrebbero dovuto tutelare la tranquillità pubblica – spiega il provvedimento – e invece hanno creato turbamento in una ragazza” di 19 anni, “supportandosi e spalleggiandosi a vicenda”. Il legale di parte civile, Roberta Bianchi, ha ricordato che ancora oggi la giovane “è visibilmente turbata” e quando ricorda quella vicenda piomba “in uno stato d’ansia e di paura” come allora. “Era provata per la violenza delle parole – ha aggiunto l’avvocatessa – e la petulanza dei tre militari”.

La difesa

Il legale difensore, Salvo Lo Greco, ha già annunciato che ricorrerà in appello contro la sentenza, sostenendo che i tre uomini “hanno semplicemente chiesto alla ragazza” e all’amica che era con lei “se volevano bere con loro”. Inoltre, secondo l’avvocato, “nessuno dei testi presenti ha confermato quello che ha raccontato la vittima”. Il legale ha inoltre sottolineato che la 19enne sarebbe stata “interessata a coprire un’altra situazione” ossia quella per cui il padre è stato archiviato: era intervenuto in difesa della figlia schiaffeggiando uno dei militari”.

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