CARABINIERI:COSÌ SI ADDESTRANO LE API, ANGELI CUSTODI ANTI-TERRORE
In caso di attacchi le Aliquote di Primo Intervento dei Carabinieri sono pronte a salvare civili aprendo il fuoco – è quanto riporta Chiara Gianni per il Giornale.it.
Roma, poligono di tiro a poca distanza dalla via Tiberina. È qui che si addestrano i carabinieri delle Api, le Aliquote di primo intervento, dei gruppi antiterrorismo creati per volontà del comandante generale dell’Arma, Tullio Del Sette.
Uomini accuratamente selezionati per contrastare il pericolo Isis. Militari che vengono per lo più dalla territoriale, ma che hanno esperienze pregresse nel reggimento paracadutisti Tuscania, al nucleo radiomobile o che provengono dai reparti dell’Esercito. Sono aliquote in grado di intervenire in pochi minuti per un primo intervento utile a «cristallizzare la situazione», prima dell’arrivo delle Sos (Squadre operative di supporto) o dei reparti speciali. Sono gruppi di nuova generazione, insomma, il cui addestramento, per le prime quattro settimane, è affidato al Gis (Gruppo di intervento speciale).
«Il pacchetto prevede prima un periodo di quattro settimane al Coespu di Vicenza – spiega il tenente colonnello Claudio Rubertà, comandante del nucleo radiomobile di Roma – dove si preparano con istruttori qualificati del Gis, anche perché in caso di intervento congiunto si crea una sorta di osmosi con le forze speciali. Quindi tornano qui, dove si addestrano al tiro, con istruttori della Scuola carabinieri di perfezionamento al tiro, alle tecniche di disarmo, alla lotta corpo a corpo, alla guida sicura e al primo soccorso avanzato. Una volta l’anno fanno anche un aggiornamento a Livorno, sempre col Gis, anche se l’addestramento personale è continuo». In dotazione hanno la mitragliatrice M12, l’MP5 e il fucile d’assalto SC 70/90, ma si dice che a breve arriveranno armi di nuova generazione, con puntatori laser. Indossano un giubbotto antiproiettile che a «pieno carico» raggiunge una ventina di chili e un elmetto speciale in kevlar con visiera. Tra loro c’è anche un esperto di Kali Kalasag, arti marziali, che ha messo a disposizione degli uomini le sue tecniche.
Le Api presenti nelle città italiane al momento sono 16, ma presto arriveranno a 18, mentre le Sos sono 20. La scelta dei centri urbani da coprire va sulla base del maggior rischio. L’attenzione, in questo momento, è puntata su città quali Roma, Milano, Venezia, Firenze e Pisa. «I nostri uomini – chiarisce il colonnello Giuseppe Donnarumma, comandante del reparto operativo del comando provinciale di Roma, colui che decreta l’intervento in caso di attacco – operano dalla mattina presto a notte inoltrata. Percorrono centinaia di chilometri al giorno e gravitano intorno agli obiettivi sensibili. Il loro compito è quello di ingaggiare la minaccia, in modo che i terroristi si concentrino su di loro, rispondendo al fuoco e distolgano l’attenzione dai civili. Tutto questo in attesa dell’arrivo dei reparti speciali. Il livello di attenzione, in questo momento, è altissimo. Queste aliquote sono un fiore all’occhiello tutto italiano».
Create come «first responder», le Api contano uomini di grande livello addestrativo. «Ho esperienze nel Ros, al reparto investigativo e numerose missioni all’estero alle spalle – racconta Omar A., un maresciallo che fa parte dell’Api di Roma -. La nostra particolarità è quella di arrivare in zona rischio entro 10 minuti e ingaggiare l’active shooter. Siamo pronti anche all’eventualità di essere colpiti pur di salvare i civili».