Carabinieri

CARABINIERI, ALCUNI COMANDI “SCHEDANO” E PUNISCONO I MILITARI PER L’ISCRIZIONE AI PARTITI

“La sentenza della 4a sezione del Consiglio di Stato del 12 dicembre 2017, n. 5845, ha definitivamente stabilito e indicato quale consolidato orientamento giurisprudenziale che i militari possono liberamente iscriversi ad un partito politico.” E’ quanto si legge nell’incipit di un interrogazione parlamentare dei deputati Donzelli, Ferro e Deidda rivolta al Ministro della Difesa.

“La stessa sentenza stabilisce che la mera iscrizione di un appartenente alle Forze armate a un partito politico costituisce «ab imis» lecito, che in nessun caso può essere stigmatizzato dall’Amministrazione militare; la stessa sentenza richiama l’articolo 1465 del codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010 n. 66, che, al primo comma, statuisce espressamente che «Ai militari spettano i diritti che la Costituzione della Repubblica riconosce ai cittadini», dunque anche quello di associazione a fini politici;

l’articolo 9 del regolamento del Parlamento europeo n. 2016/679/UE relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati), al comma 1, stabilisce il divieto di «trattare dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona»;

alcuna norma di legge impone limitazioni al diritto di iscriversi ai partiti politici e oltretutto tale diritto costituzionale è garantito dall’articolo 49 in combinato disposto con l’articolo 98, comma terzo, della Costituzione della Repubblica;”

Nonostante quanto sopra i deputati concludono l’interrogazione sottolineando che “alcune caserme e comandi militari d’Italia alcuni singoli comandanti, ad avviso degli interroganti in completa violazione di quanto sopra riportato, abbiano imposto ad alcuni militari alle proprie dipendenze di dichiarare e rivelare per iscritto se erano iscritti a partiti politici;

risulta, inoltre, che in alcuni casi siano stati addirittura aperti procedimenti disciplinari dai quali è scaturita l’inflizione di sanzioni disciplinari di Corpo che limitano la libertà personale, quale la «consegna» in casi di opposizione al censimento e alla «schedatura» politica.”

L’interrogazione dei deputati di Fratelli d’Italia mostra come, ancora, sia disattesa una libertà costituzionalmente garantita e ribadita anche nelle sedi giudiziarie. In particolare con la sentenza n. 5845, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, ha ribadito quanto era stato sancito dalla storica sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Umbria che nel 2011 accolse il ricorso del Carabiniere Scelto Guido Lanzo: “non è ravvisabile”, a giudizio dei giudici amministrativi, “un divieto di iscrizione e, a fortiori, di assunzione di cariche in seno ai partiti politici, nei confronti del personale delle Forze Armate” se l’attività viene svolta secondo quanto stabilito dalle norme di legge, e cioè “non durante l’attività di servizio, né in luoghi a ciò destinati, né indossando l’uniforme o qualificandosi in relazione all’attività di servizio come militare o rivolgendosi ad altri militari in divisa o qualificatisi come tali”. Alla stessa conclusione era giunto il T.A.R Piemonte richiamando la sentenza del T.A.R. Umbria in merito al ricorso presentato dal Maresciallo Carmelo Cataldi, anch’egli punito con la consegna di rigore per essersi iscritto ad un partito politico e per aver assunto incarichi all’interno dello stesso.

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