Carabiniere usa nome del collega e si indebita per 60mila euro. TAR: “Moralità e rettitudine devono caratterizzare l’agire di un militare dell’Arma”
Il ricorrente, carabiniere all’epoca dei fatti in servizio presso la Compagnia Carabinieri di Spoleto ha contestato il provvedimento del Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare, con il quale è stata disposta la perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari per i reati di omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale e peculato.
Al carabiniere è stata comminata la sanzione massima della destituzione, per essersi sostituito illegittimamente ad un collega ottenendo fraudolentemente a nome di quest’ultimo l’apertura tramite web di un conto corrente e l’erogazione di linee di credito e finanziamenti, per circa € 60.000,00 (sessantamila/00), omettendo di pagare le rate previste; e per aver occultato, all’interno dell’armadietto in uso presso il locale spogliatoio della Caserma, alcuni atti d’ufficio risalenti, unitamente a un portafoglio, contenente documenti d’identità e carte di credito, smarrito da un civile, di cui non aveva dato atto della ricezione, né curato la doverosa restituzione al legittimo proprietario.
Il ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 27 della Costituzione ed eccesso di potere per erroneità dei fatti presupposti e violazione del principio di proporzionalità, in considerazione dell’irrogazione della massima sanzione disciplinare, sul presupposto di fatti non ancora definitivamente accertati dall’Autorità Giudiziaria.
Il TAR Umbria ha respinto il ricorso.
Il Collegio ha preliminarmente osservato che per consolidato orientamento giurisprudenziale il procedimento disciplinare deve ritenersi del tutto autonomo rispetto all’eventuale insussistenza di responsabilità penali conseguenti alla commissione del fatto.
Il TAR ha quindi sottolineato “Si tratta di comportamenti profondamente lesivi dei principi di moralità e di rettitudine che devono sempre caratterizzare l’agire di un militare, specie se appartenente all’Arma dei Carabinieri, il cui prestigio risulta gravemente leso”, unitamente alla irrimediabile compromissione di “quella relazione fiduciaria che deve necessariamente permanere tra Amministrazione e dipendente”.
La sanzione comminata – ha concluso il TAR – appare coerente con l’emergente quadro probatorio e con l’assunzione di responsabilità dell’odierno ricorrente in ordine ai fatti contestati.