Carabiniere si separa, l’Arma reclama l’alloggio. Il TAR stoppa il rilascio dell’immobile: “Moglie e figli possono restare”
(di Avv. Umberto Lanzo) – Con una importante e recente sentenza, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha annullato il provvedimento con cui il Comando Legione Carabinieri Lazio intimava ad una donna di lasciare l’alloggio di servizio assegnato al marito militare, dopo la separazione della coppia.
La vicenda trae origine dal caso di un Appuntato Scelto dell’Arma, in servizio presso la Tenenza di Ardea, cui era stato concesso l’utilizzo di un alloggio militare nella locale caserma, dove aveva stabilito la residenza familiare con la moglie e i due figli minori. A seguito della separazione legale dal coniuge, avvenuta nel 2017, il Tribunale di Velletri aveva però disposto, con provvedimenti d’urgenza, che i figli minori rimanessero con la madre nell’abitazione coniugale rappresentata dall’alloggio di servizio.
Nonostante ciò, nel giugno 2020 il Comando Legione intimava alla moglie separata di lasciare l’immobile entro il 15 ottobre, per “preminenti esigenze di servizio e con l’avvertenza che, diversamente, si sarebbe proceduto al recupero coattivo.” La donna presentava così ricorso al TAR Lazio per l’annullamento del provvedimento, lamentando la violazione del giusto procedimento, l’omessa istruttoria e il difetto di motivazione, nonché la lesione dei diritti costituzionalmente garantiti alla famiglia e ai figli minori, ai sensi dell’art. 30 della Costituzione.
Con decreto del 7 ottobre 2020, il TAR sospendeva in via cautelare il provvedimento impugnato, ravvisando il pericolo di un grave pregiudizio per la famiglia. Successivamente, nel marzo 2021, il Tribunale di Velletri nel regolare coi primi provvedimenti urgenti la separazione, confermava l’assegnazione dell’alloggio alla madre, ritenendo prevalente l’interesse dei minori rispetto all’esigenza pubblicistica di recupero del bene.
Le motivazioni del TAR: l’interesse dei minori prevale
Nell’esaminare il caso nel merito, il TAR Lazio ha accolto il ricorso, annullando definitivamente l’atto dell’Amministrazione militare. Secondo i giudici amministrativi, infatti, il provvedimento giudiziale del Tribunale di Velletri, che assegnava la casa coniugale alla madre per tutelare l’interesse dei figli minori, era pienamente opponibile al Comando dei Carabinieri, indipendentemente dalla partecipazione di quest’ultimo al processo civile.
La sentenza ha inoltre respinto le argomentazioni dell’Arma, fondate sulla presunta specialità della normativa sui militari rispetto al Codice dell’Ordinamento Militare, rilevando che tale disciplina non può derogare alle norme primarie del codice civile e della legislazione familiare.
Quanto alla possibile applicazione dell’art. 4 del D.M. 7 maggio 2014, che classificherebbe i coniugi separati come “occupanti sine titulo protetti” dagli sgomberi coattivi, il TAR l’ha ritenuta non rilevante nel caso specifico, in quanto la norma si applicherebbe solo ai coniugi separati prima dell’entrata in vigore del decreto stesso.
Un bilanciamento tra esigenze militari e diritti della famiglia
In definitiva, la sentenza del TAR Lazio ribadisce la preminenza dell’interesse dei figli minori nella crisi familiare, sancendo l’opponibilità dei provvedimenti giudiziali che tutelano tale interesse anche nei confronti della Pubblica Amministrazione, pur lasciando a quest’ultima la possibilità di richiedere il rilascio dell’immobile qualora venga meno la destinazione a casa familiare.
L’importante pronuncia rappresenta così un punto fermo nella complessa dialettica tra le esigenze dell’Amministrazione militare e la salvaguardia dei diritti fondamentali della famiglia, confermando la primazia di questi ultimi in presenza di figli minori coinvolti.
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