Carabiniere rimosso con la perdita del grado per motivi disciplinari. TAR conferma la sanzione e condanna alle spese “Pluralità di condotte illecite”
Nessuna illegittimità da parte dell’Arma dei Carabinieri nel rimuovere un carabiniere, facendogli perdere un grado per motivi disciplinari. Anzi, tutto è stato fatto così come da regolamento.
A questa conclusione è giunto il Tar Basilicata, che ha rigettato il ricorso di un carabiniere, che lo aveva presentato contro il Comando Legione Carabinieri Basilicata. Al militare, in servizio a Potenza, era stato notificato lo scorso giugno un provvedimento riguardante la sanzione della “perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari”. Così, due mesi più tardi, ha fatto ricorso al Tar, chiedendo l’annullamento del provvedimento previa sospensione dell’efficacia deducendo, in diritto, da più angolazioni “la violazione di legge e l’eccesso di potere”.
Procedimento avviato contro il Ministero della Difesa e Comando generale dell’Arma dei Carabinieri. Per il Tar, il ricorso risulta essere infondato. In primis, perché secondo il codice dell’ordinamento militare, bisogna contestare gli addebiti entro 180 giorni (in questo caso, il procedimento disciplinare è intervenuto a novembre dell’anno scorso). Come riportato dal Tar, al carabiniere “sono state ascritte una pluralità di condotte illecite, tra cui l’aver formato false attestazioni, con le quali avrebbe dichiarato la sua presenza in ufficio o in altri luoghi per ragioni di servizio, mentre in realtà avrebbe svolto attività e incombenze private, o l’aver riportato, sul memoriale di servizio e sui documenti di impiego dei mezzi del Reparto, dati falsi in ordine ai tempi e alle modalità dello svolgimento del servizio istituzionale, o l’aver utilizzato l’autovettura dell’Amministrazione, della quale aveva la disponibilità per ragioni di servizio, per eseguire incombenze private e personali, o ancora l’aver rivelato al titolare di un’azienda la programmazione di controlli da parte di altro Reparto”.
Il militare aveva chiesto di sospendere il procedimento disciplinare, essendo in atto un procedimento penale. Ma per il Tar, “la valutazione di concludere il procedimento disciplinare, in pendenza del procedimento penale, oltre che doverosa, non appare né irragionevole né immotivata, avuto riguardo alla oggettiva gravità dei fatti contestati, e non sussistendo particolare complessità o difficoltà istruttoria”. Considerazioni che hanno portato il Tar (Presidente Fabio Donadono, consigliere Pasquale Mastrantuono e Primo Referendario Benedetto Nappi) a rigettare il ricorso.
Il militare è stato inoltre condannato al pagamento di 2mila euro di spese, oltre accessori di legge se dovuti, a favore dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Potenza.