Geopolitica

Bengasi espelle Piantedosi: l’Italia trattata da comparsa. Un’umiliazione diplomatica che brucia

Il respingimento del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi all’aeroporto di Bengasi – dichiarato persona non grata dal governo orientale della Libia – rappresenta una figuraccia internazionale senza precedenti. La delegazione Ue, di cui facevano parte anche i ministri degli Interni di Grecia e Malta e il commissario europeo alla Migrazione, è stata respinta su ordine del governo di Osama Hammad, espressione del generale Khalifa Haftar. Nessun confronto, nessuna apertura: solo un diktat e un ordine di lasciare subito il territorio.

I partner “fidati” che ci chiudono la porta in faccia

L’Italia, da anni impegnata a negoziare accordi bilaterali con entrambe le Libie – quella riconosciuta di Tripoli e quella orientale di Bengasi – è stata trattata come un intruso. A nulla sono valsi gli sforzi per mostrarsi “equidistanti” o collaborativi con il comando di Haftar. Il trattamento riservato a Piantedosi – e con lui alla bandiera italiana – certifica la totale assenza di rispetto istituzionale da parte di un governo con cui Roma continua a dialogare come se nulla fosse.

Gli accordi? Carta straccia

L’Italia continua a illudersi di poter costruire solidi rapporti diplomatici in un Paese dilaniato da fazioni rivali e in costante tensione interna. Il “Piano Mattei”, il protocollo per le motovedette, le intese sulle “missioni congiunte”: tutto svanisce al primo vero confronto con la realtà.

E qui la realtà parla chiaro: la Libia orientale ci considera ospiti sgraditi, non partner. Nonostante ciò, il governo italiano – e in particolare Piantedosi – ha di recente ricevuto Haftar a Roma, mettendo persino a disposizione un aereo di Stato per rimpatriare il discusso Muhannad Almasri, noto come “il macellaio”, senza ottenere nulla in cambio. Un atto di cortesia istituzionale trasformato in un boomerang diplomatico.

Nel 2024 la Cassazione lo aveva detto: la Libia non è un porto sicuro

Già nel 2024 la Corte di Cassazione italiana aveva chiarito che la Libia non può essere considerata un porto sicuro. La reazione del governo fu veemente, con la maggioranza che attaccò la magistratura per “interferenze politiche”.

Ora, con Piantedosi respinto a Bengasi come un clandestino, cosa diranno? Il ministro dell’Interno è stato trattato come un ospite abusivo dallo stesso potere politico con cui voleva rafforzare la cooperazione. Il paradosso è totale.

Tajani convochi l’ambasciatore libico, non il suo collega

Ci auguriamo che il ministro degli Esteri Antonio Tajani, invece di limitarsi a “chiedere spiegazioni” a Piantedosi – come dichiarato ieri – abbia già convocato l’ambasciatore libico in Italia per pretendere chiarimenti formali e scuse ufficiali. Perché se un ministro della Repubblica viene umiliato in pista d’atterraggio, il problema non è della delegazione. È dell’Italia.

Propaganda e diplomazia: due piani che non si parlano

Il governo Meloni ha fatto del controllo dei rapporti con la Libia una bandiera politica, ma i fatti raccontano una realtà molto diversa. Le scene di Piantedosi respinto da Bengasi sono il simbolo di un’Italia isolata e poco rispettata, perfino da quegli interlocutori a cui tende la mano con insistenza.

Serve una riflessione seria, non un’altra nota di palazzo. La politica estera non è uno spot.


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