BENEFICI COMBATTENTISTICI, CORTE DEI CONTI: “SOLO PER CAMPAGNE DI GUERRA E NON MISSIONI O.N.U.”
Torniamo a parlare di benefici combattentistici, questa volta riportando una recente sentenza della Corte dei Conti della Regione Toscana.
Secondo i ricorrenti (militari dell’Arma dei Carabinieri) il servizio svolto nell’ambito di missioni fuori area sotto risoluzione ONU in zone d’intervento appositamente indicate dallo Stato Maggiore della Difesa deve essere “supervalutato” come “campagne di guerra”, atteso che tali servizi non sono indicati nell’art. 5,comma 1, D.Lgs. 165/1997, per cui per i “combattenti” ai sensi della legge 1746/1962, ai fini della computabilità degli aumenti di stipendio nei periodi prestati sotto risoluzione ONU non opera la limitazione quinquennale prevista dall’art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 165/1997.
Secondo la Corte dei Conti della Regione Toscana, il ricorso appare infondato per i seguenti motivi:
Occorre partire in merito dall’articolo unico della legge 11 dicembre 1962 n. 1746 il quale dispone che “al personale militare che, per conto dell’O.N.U. abbia prestato o presti servizio in zone d’intervento, sono estesi i benefici previsti dalle norme in favore dei combattenti. Le zone d’ intervento sono indicate con apposite disposizioni dello Stato Maggiore della Difesa”.
L’articolo 18 del D.P.R. n. 1092/1973 prevede che “il servizio computabile è aumentato di un anno per ogni anno di guerra riconosciuta ai sensi delle disposizioni vigenti in materia”.
Infine l’art. 3 della legge n. 390/1950 statuisce che “per ottenere il riconoscimento della campagna è necessario che le persone di cui all’articolo precedente abbiano complessivamente prestato per ogni anno solare non meno di tre mesi di servizio, anche non continuativo, di cui all’art. 1. Qualora nell’anno solare non si raggiunga il periodo minimo di cui al comma precedente, ma la partecipazione al ciclo operativo sia continuativa a cavallo di due anni, può essere computato per il riconoscimento di almeno una campagna, il servizio prestato nell’anno successivo , a meno che questo a sua volta non sia di tale durata da comportare il riconoscimento di un’ altra campagna. In tal caso verrà riconosciuta solo quest’ultima”.
In ordine alla menzionata normativa, che disciplina i cc.dd. benefici combattentistici consistenti in scatti aggiuntivi da fruire durante il servizio attivo ovvero al momento del collocamento a riposo con ampliamento della base pensionabile, sussistono diverse opzioni interpretative rese dalla giurisprudenza.
Un primo orientamento, richiamato dalle parti ricorrenti (cfr. Sez. I Centr.16 ottobre 2013 n. 845) ritiene che l’estensione dei benefici combattentistici ai militari impegnati nelle missioni ONU ha la sua fonte nel chiaro disposto della legge 11 dicembre 1962 n. 1746, per il quale il servizio prestato dal militare in zone di intervento per conto dell’ONU è da ritenersi equiparato, agli effetti pensionistici, al servizio di guerra.
Preferibile, a parere di codesta autorità giudicante appare una diversa interpretazione secondo cui non esiste una normativa che preveda espressamente il riconoscimento dei benefici previsti per le campagne di guerra in favore del personale di servizio per conto dell’ONU, espresso riconoscimento necessario in quanto detto servizio consiste in missioni “di pace”, e quindi non rientra nelle fattispecie di impiego che danno titolo all’attribuzione delle campagne di guerra”: in termini Sez. I Centr. 17 giugno 2016 n. 230 e 9 novembre 2015 n. 552, nonché Sezione giurisdizionale Emilia Romagna 29 giugno 2016 n. 113 e, in sede cautelare, sulla scorta della giurisprudenza delle sezioni di Appello , Sez.II centr. 77/2016 (ord) che ha sospeso la esecuzione di una sentenza che aveva riconosciuto la supervalutazione ad oggetto.
Osserva la richiamata Sezione di Appello (Sez. I Centr. 17 giugno 2016 n. 230) che “questa, infatti, presuppone il riconoscimento formale da parte del Ministero della Difesa, con iscrizione nei documenti caratteristici del militare, ciò che non può avvenire in base ad una mera determinazione amministrativa, svincolata dalla sussistenza dello stato di guerra formalmente dichiarato”.
Anche la giurisprudenza amministrativa, con la decisione Sez. IV 21 ottobre 2014 n. 5172, si era pronunciato sul diritto al riconoscimento delle “campagne di guerra” ai fini della determinazione del trattamento economico di ufficiali in servizio, affermando che il richiamo della l. 24 aprile 1950 n. 390, che prevede la supervalutazione delle campagne di guerra, “è del tutto improprio, trattandosi di normativa il cui ambito di operatività era limitato espressamente alle sole campagne di guerra del periodo 1940 – 1945, e che non conteneva alcuna disposizione che ne estendesse l’applicabilità ad eventuali campagne di guerra successive”.
Infine la Corte Costituzionale, ha adottato sulla specifica questione una decisione che ha rigettato la questione di costituzionalità sollevata, con riferimento all’art.3 della Cost., dell’articolo unico della legge 11 dicembre 1962 n. 1746 nel senso di limitare i benefici combattentistici ivi previsti espressamente alle sole attività belliche della seconda guerra mondiale con esclusione dei militari coinvolti in zone di intervento ONU (cfr. Corte Cost. 11 novembre 2016 n. 240) asserendo che il legislatore, nella sua discrezionalità, ha sempre dimostrato di avere avuto chiaramente presente la distinzione tra le campagne di guerra e le missioni ONU ed ha affermato che per queste ultime “il legislatore ha di volta in volta individuato regole specifiche incidenti sul trattamento retributivo e pensionistico nonché dirette anche a compensare gli specifici rischi connessi agli interventi”. Sicché, ha affermato il Giudice delle Leggi, che ha provveduto alla ricostruzione del complesso quadro normativo, “non sussiste alcuna sperequazione tra la posizione del militare che nell’ambito di un servizio svolto professionalmente decida volontariamente di partecipare a missioni internazionali e che quindi riceva un peculiare trattamento retributivo e stipendiale, comunque migliorativo rispetto a quello normalmente percepito nel corso del rapporto di lavoro, e quello dell’arruolato in seguito a provvedimenti più o meno generali di richiamo alle armi, cui spetterebbe – allo stato della legislazione esistente – oltre alla sola supervalutazione di cui all’art. 18 del d.p.r. n. 1092/1973, un complesso giornaliero , il cosiddetto “soldo” poco più che simbolico”.