La professione di ufficiale di Guardia di Finanza comporta enormi sacrifici che spesso non sono ricompensati in termini economici e soprattutto di carriera. Si è infatti sottoposti ad una mobilità che non ha paragoni nel resto del pubblico impiego e nel mondo del lavoro privato, a fronte di ridotte opportunità di carriera. Una mobilità che, tra l’altro, presenta notevoli costi non sempre collegati a proporzionali benefici organizzativi.
 
La carriera di un ufficiale è definita principalmente nella primissima parte della vita professionale, ovvero dalla graduatoria di uscita dall’Accademia, dal Corso di Polizia Tributaria e dagli altri corsi che costituiscono titolo per l’avanzamento a dirigente (Colonnello). Cosicché molti ufficiali perdono ogni speranza di carriera e di promozione a dirigente già prima di compiere il quarantesimo anno di età. Ciò, tuttavia, non li esime dalla giostra dei
trasferimenti.
Aldilà dell’aspetto economico, a cui ha in parte pensato il legislatore del 1981 con la c.d. “omogeneizzazione” ovvero l’estensione del trattamento economico da dirigente per gli Ufficiali che non raggiungevano la promozione, vanno, a mio avviso, analizzati anche i costi e i relativi benefici in termini di efficienza della mobilità.