Articolo 54. Giurisprudenza creativa nella Sentenza n. 1/2021 della Corte dei Conti.
La Sentenza n. 1/2021 della CORTE DEI CONTI – SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE si è espressa per quel che attiene il famoso articolo 54 del D.P.R. n. 1092/1973.
In sostanza ciò che è stato stabilito, che nel calcolo della quota retributiva di cui all’art. 1 comma 12 della Legge n. 335/1995, nei confronti del personale militare è che:
- non trova applicazione l’art. 44 del D.P.R. n. 1092/1973, sinora applicato dall’INPS, ovverosia la percentuale del 35% o del 2,33% annuo;
- è applicabile l’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973 reinterpretato alla luce delle modifiche intervenute con la legge n. 335/1995 e quindi con l’applicazione di un’aliquota di rendimento pari al 2,44% annuo per ogni anno di servizio. ( in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un’anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, calcolata tenendo conto dell’effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31dicembre 1995)
Una sentenza creativa
Ciò che chiedeva il personale militare, secondo la tesi condivisa dalle tre sezioni centrali di Roma e dalla maggior parte dei giudici regionali, era l’applicabilità dell’aliquota del 44%.
L’interpretazione adottata lascia diverse perplessità. Si è scelta, mi pare, una soluzione alquanto fantasiosa ricavando un’aliquota annua del 2,445% rapportata a 18 anni meno un giorno.
E’ un’interpretazione che giunge a un criterio non previsto né dal D.P.R. n. 1092/1973, né dalla Legge n. 335/ 95.
L’art. 54, prevede due aliquote:
- una pari al 44% della base pensionabile aumentata dell’1,80 per ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo per chi abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile;
- una seconda pari al 2,20% per chi abbia cessato dal servizio permanente o continuativo per raggiungimento del limite d’età, senza aver maturato detta anzianità.
Ora la Sentenza tira fuori una percentuale pari al 2,445 per ogni anno, con un arzigogolato calcolo in cui si divide la percentuale applicabile del 44% per 17 + 364/365esimi, cioè 44/17,997 = 2,445 per ogni anno.
Ecco che tale approccio non fa riferimento all’esegesi testuale della norma ma, come indicato nella stessa Sentenza, a concetti di coerenza e rispetto degli equilibri.
Ciò che emerge è una concezione ermeneutica della giurisprudenza come fonte creativa di diritto.
In pratica i militari hanno si il diritto a un trattamento pensionistico maggiore rispetto ai civili, ma in misura inferiore a quella indicata nella norma.
Il personale che alla data del 31 dicembre 1995, vantava un’anzianità utile inferiore a 15 anni
La Sentenza si è espressa riguardo all’altro quesito, concernente il personale con un’anzianità utile inferiore a 15 anni al 31.12.1995:
“In caso di ritenuta spettanza del beneficio di cui all’art. 54 al personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità, se la medesima aliquota del 44% sia applicabile anche per la quota retributiva della pensione in favore di quei militari che, alla data del 31 dicembre 1995, vantavano un’anzianità utile inferiore a 15 anni”, esso, tenuto conto di quanto deciso in ordine al primo quesito posto, è da ritenersi assorbito in esso con valutazione coerentemente negativa.
Qui mi pare chiaro vi sia un punto di contraddizione fondamentale, anche perché riguarda coloro che sono andati o andranno in pensione a breve.
Dove ci voleva chiarezza non c’è stata.
La sentenza dice che non è applicabile l’aliquota del 44% in favore di quei militari che, alla data del 31 dicembre 1995, vantavano un’anzianità utile inferiore a 15 anni.
Ebbene se tale aliquota, secondo la stessa sentenza, non è applicabile a chi vantava un’anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, questa precisazione appare pleonastica.
A meno che non si intenda che non sia applicata l’aliquota del 2,44. Ma ciò non è detto e darà luogo a nuovi contenziosi.
Sinceramente non pare condivisibile l’interpretazione data da alcuni a questa Sentenza, nel senso che vada applicato il coefficiente di 2,44.
La decisione pare voler non decidere fino in fondo, lasciando adito a spazi interpretativi.
Fabio Perrotta
S.A.F. – Sindacato Autonomo dei Finanzieri