ARQ: il “riposo dorato” delle Forze Armate. Storia, numeri e realtà di un sistema che pesa sulle casse dello Stato
(di – Cav Donato Angelini )
Dalla sospensione della leva alla ristrutturazione della Difesa
Con la legge 23 agosto 2004, n. 226, l’Italia ha segnato la fine del servizio militare obbligatorio e avviato una profonda riforma organizzativa e logistica delle Forze Armate.
La sospensione della leva e la contestuale soppressione dei Distretti Militari hanno determinato la chiusura di Centri Addestramento Reclute, Basi Aeree, Centri Logistici e Reparti Operativi, riducendo la presenza territoriale del sistema Difesa.
L’operazione, motivata da esigenze di razionalizzazione della spesa pubblica e di adeguamento alle nuove missioni internazionali, ha avuto effetti diretti sugli arruolamenti e sulla gestione del personale.
Esercito e Carabinieri: vent’anni di numeri e reclutamenti
Dal 2004/2005, anno della sospensione della leva, al 2025, presso l’Accademia Militare di Modena, sono stati formati complessivamente:
- 3.307 Ufficiali dell’Esercito Italiano (Ruolo Normale)
- 1.040 Allievi Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri
Un divario significativo, se si considera che l’Arma, con 5 Comandi Interregionali, 18 Comandi Legione, 105 Comandi Provinciali e circa 4.600 presidi territoriali, dispone di una rete capillare che, con l’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato (D.Lgs. 177/2016), è ulteriormente cresciuta in personale e strutture.
Corso Accademia dal | Allievi Ufficiali Esercito (E.I.) | Allievi Ufficiali Carabinieri (CC) | |
---|---|---|---|
186° – 207° (2004–2025) | 3.307 | 1.040 |
Dallo “scivolo d’oro” all’A.R.Q.: anatomia di un privilegio silenzioso.
Nell’autunno del 2013 esplose un acceso dibattito sullo “scivolo d’oro”, misura prevista dal governo Letta (Mario Mauro alla Difesa) che garantiva dieci anni di esenzione dal servizio dai 50 anni di età mantenendo l’85% dello stipendio.
Travolta dalle critiche, la proposta fu ritirata nel gennaio 2014.
Che cos’è realmente l’Aspettativa per Riduzione Quadri
Il D.Lgs. 244/2012, noto come “spending review” della Difesa, ha reso strutturale la possibilità di collocare personale militare in eccedenza non riassorbibile in A.R.Q., riducendo così numericamente gli organici in servizio permanente effettivo.
Ma è la Direzione Generale per il Personale Militare (PERSOMIL) a chiarire con precisione criteri, tempistiche e limiti dell’istituto:
Chi può presentare domanda?
Tutti gli Ufficiali nei gradi di Generale e Colonnello, e gradi corrispondenti, in
servizio permanente effettivo e a disposizione,
esclusi gli ufficiali del ruolo forestale dell’Arma dei Carabinieri.
Quali requisiti servono?
Alternativamente:
40 anni di anzianità contributiva, oppure trovarsi a non più di 5 anni dal limite d’età del proprio grado e ruolo. Tali requisiti devono essere maturati entro il 31 dicembre dell’anno di riferimento.
Come avviene il collocamento?
Non automaticamente: il collocamento in ARQ può avvenire solo in presenza di eccedenze numeriche nei gradi di Generale o Colonnello. La priorità segue un ordine specifico (art. 909 C.O.M.):
1. Ufficiali con 40 anni di contributi;
2. Ufficiali entro 5 anni dal limite d’età;
3. Ufficiali promossi “a disposizione”;
4. Ufficiali ancora in servizio permanente.
Promozioni?
Chi è in ARQ non può essere promosso.
Durata e cessazione:
Può durare fino al limite d’età del grado o cessare su richiesta dell’interessato. La domanda di cessazione deve pervenire almeno 60 giorni prima e si presenta solo dopo il provvedimento di collocamento.
La posizione economica: stipendi e percentuali
Il personale collocato in ARQ, il cui articolo 909 (D.Lgs. 66/2010), disciplina questa materia. non perde lo status militare, ma percepisce il 95 % dello stipendio e delle indennità fisse e continuative, il 100 % dell’indennità integrativa speciale e degli assegni familiari.
Durante il periodo matura adeguamenti retributivi, anzianità e diritti previdenziali.
La Corte dei Conti che, nella sua relazione sul rendiconto generale dello Stato 2016, critica questo istituto come un sistema per raggiungere gli obiettivi annuali di riduzione del personale stabiliti dalla Riforma Di Paola del 2012 che però grava eccessivamente sulle casse dello Stato.
Di seguito l’esempio, afferente un Colonnello in 7 Classe in servizio presso un Ente operativo con Impiego Operativo al 160%, in termine lordo mensile, l’ aumento al 2025 sul maturato 2024 e 2023 :
Anno (DPCM/ISTAT) | Stipendio (€) | Ind. Integr. Spec. (€) | Ind. Oper 160% (€) | Ind. Dirigenziale (€) | Ind. Pension. (€) |
---|---|---|---|---|---|
2023 (0,98 %) | 4 268,31 | 976,96 | 1 092,31 | 1 083,60 | 276,36 |
2024 (4,8 %) | 4 473,18 | 1 023,86 | 1 144,75 | 1 135,61 | 289,63 |
2025 (0,65 %) | 4 500,48 | 1 030,10 | 1 151,73 | 1 142,54 | 291,39 |
Aumento | 232.17 | 53.14 | 59.42 | 58.94 | 15.03 |
Totale mensile: 418.07 euro lordo di aumento a mezzo del D.P.C.M. (2023-2024-2025).
Un colonnello in A.R.Q. (7ª classe economica), dal dicembre 2023 raggiungerà nel 2028 un percepito lordo di oltre 93 mila euro annui, il relativo montante contributivo sarà al 95% del pari grado in servizio, esclusa la tredicesima mensilità; le cifre salgono per l’8ª classe o per il grado di Generale di Brigata che moltiplicato per le posizioni previste annualmente da PERSOMIL, oggi supera il costo preventivato dalla Corte dei Conti nel lontano 2017.
Una spesa in crescita strutturale
La Relazione sul Rendiconto generale 2017 della Corte dei Conti fissava in 45 milioni di euro il peso dell’ARQ per l’anno 2016 (tutto il comparto Difesa).
Oggi, con il paritetico numerico di personale e gli adeguamenti retributivi annuali disposti con il DPCM la spesa è inevitabilmente aumentata, abbiamo visto l’esempio di un solo triennio per un Colonnello in 7 Classe.
Gli effetti incidono non solo sulle retribuzioni, ma anche su T.F.S., Cassa di Previdenza e pensioni future.
Senza una gestione equilibrata degli arruolamenti accademici e delle promozioni automatiche, l’ARQ rischia di restare un meccanismo permanente di esubero retribuito, più che una misura di efficientamento.
Una valvola di sfogo diventata sistema
Nelle Forze Armate italiane l’A.R.Q. ha finito per assumere un duplice volto: valvola di sfogo temporanea per gestire eccedenze e, al contempo, strumento di cristallizzazione delle carriere.
Il dovere di riformare, non di colpevolizzare
Qui non si tratta di puntare il dito contro chi beneficia dell’ARQ.
Ufficiali cui va riconosciuto il valore di una carriera spesa al servizio del Paese, spesso con sacrifici che la società civile dimentica in fretta.
Ma il meccanismo attuale non serve più lo scopo originario: anziché alleggerire, rallenta il ricambio generazionale e appesantisce la spesa pubblica, creando un esercito parzialmente in stand‑by.
Le cifre sono chiare: milioni spesi ogni anno e benefici quasi integri per personale non operativo. Se non si interviene ora, l’ARQ non sarà più una misura transitoria, ma una ruga permanente nel bilancio della Difesa.
La riforma non può fermarsi ai vertici: deve scendere fino all’ultima uniforme, toccare chi comanda e chi esegue, rompere la logica del posto fisso in caserma e sostituirla con una vera rotazione delle funzioni, ricollocazioni tra comparti invece di parcheggi dorati, meno privilegi per chi non serve più sul campo e controlli severi su arruolamenti e promozioni automatiche che gonfiano i costi e svuotano il merito.
Oggi l’Italia non ha più bisogno di scivoli dorati o attese remunerate, ma di una Difesa moderna, sostenibile e coerente con la realtà operativa.
E la vera fedeltà allo Stato non si misura nel tempo passato in aspettativa, ma nella capacità delle istituzioni di cambiare per servire meglio.
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