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ALFANO TAGLIA 200 PRESIDI DI POLIZIA, ECCO QUALI CHIUDERANNO

(di Claudia Fusani) – Questori e prefetti hanno il piano dei tagli sulle rispettive scrivanie dalla metà di febbraio. Si attende il loro parere, che in ogni caso non è vincolante come quello dei sindacati, per poi procedere «entro l’estate» come è già scritto sulle circolari che portano la firma del ministro dell’Interno Angelino Alfano e del capo del Dipartimento di pubblica sicurezza Alessandro Pansa. Nessun intervento sul personale che sarà accorpato in altre sedi, però saranno chiusi uffici e commissariati da Agrigento ad Alessandria passando per Aosta, da Palermo a Torino passando per Napoli. Non si salva quasi nessuno: 101 province su 110 avranno una caserma o un posto di polizia, comunque un presidio di sicurezza in meno. 
È la spending review del Viminale, il report già inviato al commissario Carlo Cottarelli. Siamo in grado di documentare solo quella della Polizia di Stato. Ma fonti tecniche assicurano che «anche l’Arma dei Carabinieri dovrà far fronte alla chiusura di circa 200 caserme» con un risparmio più o meno analogo. Il piano è stato presentato dal ministro Alfano quando era ancora in carica il premier Letta. I nuovi inquilini di Palazzo Chigi lo hanno confermato. Nel mirino soprattutto polizia stradale (Barletta, Arcore, Finale Ligure, solo per citarne alcune), ferroviaria (da Agrigento ad Avellino, da Bari centrale a Caltanissetta, da Cosenza a Crotone a Viterbo), postale/Informatica (Ascoli Piceno, Asti, Avellino, Belluno, Benevento, Bergamo, Brindisi, Caserta, Como, Cosenza, Cremona, Crotone, Cuneo, solo per restare alle prime tre lettere dell’alfabeto), nautica (Ferrara, Grosseto, La Spezia, Latina, Livorno, Messina, Oristano, Palermo, Gioia Tauro, Salerno) e di frontiera. Ci sarà meno sicurezza e controlli della stradale, soprattutto sulle strade cosiddette secondarie. Problemi anche per i controlli del sabato sera. Meno sicurezza nelle stazioni con il taglio della Polfer, anche in realtà dove i turisti sono tantissimi ogni anno e arrivano in treno come Siena e Orvieto dove si prevede la chiusura. Polizia postale azzerata in tutte le province italiane, resta solo nei capoluoghi regionali: è vero che i reati via internet, soprattutto la pedopornografia, non hanno confini territoriali, e però avere i centri speciali solo nei capoluoghi regionali sarà un problema per le indagini. 

Cancellati anche i Rips della Polizia Stradale, una sorta di “Chips” italiani presenti a Roma, Milano e Napoli, nati appena sei anni fa per volere dell’allora capo della polizia Antonio Manganelli. Nella lista lunga quattro pagine, si fa notare come un posto di polizia di frontiera come quello di Bardonecchia venga trasformato in un super commissariato con 80 uomini, un segnale evidente di come quello sia considerato un punto strategico per le proteste no Tav. Tagli importanti anche a Roma e a Napoli. 
I sindacati di polizia sono sul piede di guerra. «Un conto è razionalizzare la spesa, da anni presentiamo progetti di revisione dei costi – denuncia il presidente del Sap Gianni Tonelli – ma il piano presentato dal Dipartimento di pubblica sicurezza è la conferma che si vuole solo conservare e non veramente cambiare». Un «pannicello caldo» utile solo a «far vincere come sempre la burocrazia ministeriale e degli alti ufficiali senza toccare il cuore del problema. Che è la vera fonte di sprechi e di scarso servizio». 
L’analisi di Tonelli parte dal fatto che l’Italia è l’unico paese europeo ad avere sette forze di polizia, cinque dello Stato (polizia, carabinieri, guardia di finanza, polizia penitenziaria e Forestale) e due polizie locali (municipale, i vigili urbani, e provinciale). La Francia, per esempio, ha la polizia nei centri urbani e la gendarmeria nelle periferie. La Gran Bretagna ne ha solo una. «A noi basterebbe averne tre – afferma Tonelli – due statali e una locale». Sette polizie significa una «sovrapposizione di competenze e di territorio che producono spesso disservizi oltre a un surplus di spesa visto che il 60 per cento del bilancio di ogni forza di polizia se ne va in spese di logistica che potrebbero essere tagliate se avessimo meno polizie». È un fatto che ogni cittadino italiano spende 503 euro per la sicurezza mentre in Francia e in Germania la media è di 420 euro, un 20 per cento in meno di fronte, spesso, a un servizio di minor efficacia. In Italia esiste una divisa ogni 190 abitanti, in Francia e Germania il rapporto è di uno ogni 280 e in Gran Bretagna di uno ogni 390. «A leggere questi dati – insiste Tonelli – dovremmo essere il paese più sicuro del mondo. Sappiamo invece che non è così». 
Da trent’anni, afferma il presidente del Sap, «scriviamo possibili progetti di riforma e di razionalizzazione della spesa del comparto sicurezza. Questa volta tutti sappiamo che siamo di fronte alla svolta. E che è l’ultima occasione. Ma se il criterio è quello che vediamo proposto nelle circolari inviate dal Ministero, posiamo dire che siamo di fronte all’ennesimo progetto di conservazione e non di rivoluzione. Qualcosa che soddisfa le gerarchie militari e di polizia perché garantisce l’esistente e non affronta, invece, la sostanza del problema». Che passa, ad esempio, dal numero unico di sicurezza e dalle centrali operative unificate. Il famoso 112 europeo, previsto da tre anni ma di cui in Italia non si sono mai trovate le tracce al di là di qualche sperimentazione. Una razionalizzazione, quella sì, che darebbe un risparmio in termini di qualche miliardo e che soprattutto farebbe funzionare meglio allarmi, richieste di aiuto, presidi e pronto intervento. Ma che vorrebbe dire perdita di potere, e di territorio, per ciascuna delle nostre sette forze di polizia. 
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