Avvocato Militare

Accusato di maltrattamenti dall’ex moglie, 7 anni per dimostrare l’innocenza: il TAR riapre le porte dell’Esercito ad un militare

(di Avv. Umberto Lanzo)

Una significativa sentenza del TAR Lazio riapre le porte della carriera militare ad un volontario dell’Esercito la cui vita professionale era stata stravolta da una denuncia penale rivelatasi infondata. La vicenda, durata oltre sette anni, evidenzia come un procedimento giudiziario possa impattare drasticamente sulla carriera di un militare, anche quando si concluda con piena assoluzione.

IL PERCORSO MILITARE INTERROTTO

Il militare, entrato nell’Esercito nel 2004 come VFA, aveva costruito una solida carriera diventando Primo Caporal Maggiore con incarico di Operatore Mezzi Speciali del Genio. Nel 2016 gli era stata accordata la seconda rafferma biennale e, partecipando al concorso interno per l’immissione nel servizio permanente, si era classificato al 163° posto su 651 posti disponibili, risultando vincitore con decreto dirigenziale dell’agosto 2018.

LA DENUNCIA E L’ESCLUSIONE

Proprio quando la sua carriera stava per consolidarsi nel servizio permanente, una denuncia presentata dall’ex moglie ha innescato un procedimento penale che ha portato alla sua esclusione dal concorso. L’amministrazione militare lo ha posto in congedo illimitato con effetto retroattivo al 31 dicembre 2016, interrompendo bruscamente il suo percorso professionale nonostante la posizione di vincitore del concorso.

L’ASSOLUZIONE E IL TENTATIVO DI REINTEGRO

Dopo anni di procedimenti giudiziari, il 22 febbraio 2024 il Tribunale di Termini Imerese ha assolto completamente il militare con formula piena “perché il fatto non sussiste”. La sentenza, divenuta irrevocabile il 14 marzo 2024, ha finalmente fatto emergere la verità, spingendo l’interessato a richiedere la riammissione al servizio permanente ai sensi dell’articolo 2198ter, comma 12 del codice dell’ordinamento militare.

IL NUOVO OSTACOLO E LA VITTORIA AL TAR

Il tentativo di reintegro ha però incontrato un nuovo ostacolo quando, nel maggio 2024, il Centro di Selezione di Foligno lo ha dichiarato non idoneo per problemi uditivi. Una decisione che il TAR ha ora annullato, evidenziando come la valutazione dell’idoneità debba essere più elastica per il personale già in servizio rispetto ai nuovi reclutati.

“La ratio della normativa”, sottolineano i giudici, “è proprio quella di non penalizzare oltremodo il militare coinvolto in procedimenti penali che richiedono lunghi tempi per giungere all’assoluzione”. Una considerazione che, nel caso specifico, assume particolare rilevanza visti i sette anni trascorsi tra l’esclusione dal servizio e la definitiva assoluzione.

LA CONDANNA DELL’AMMINISTRAZIONE MILITARE

Il TAR non si è limitato ad annullare il provvedimento di non idoneità, ma ha anche condannato severamente l’amministrazione militare sul piano economico. Il Ministero della Difesa è stato infatti condannato al pagamento delle spese legali per un importo di 2.000 euro, oltre IVA, Cassa Avvocati, rimborso del contributo unificato e spese generali nella misura del 15%. A questo si aggiunge la condanna al pagamento delle spese di verificazione medica, quantificate in 500 euro da corrispondere a Difesa Servizi S.p.a. Una decisione che sottolinea la piena soccombenza dell’amministrazione e riconosce il danno subito dal ricorrente in questa lunga vicenda giudiziaria.

La condanna alle spese rappresenta un ulteriore elemento di vittoria per il militare, che dopo sette anni di battaglie legali vede non solo riconosciute le proprie ragioni, ma anche compensate le spese sostenute per far valere i propri diritti. La decisione del TAR evidenzia come l’amministrazione militare abbia gestito il caso con eccessiva rigidità, senza considerare adeguatamente sia il contesto specifico della vicenda che la lunga esperienza di servizio del ricorrente.

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