Giustizia

Riforma della Giustizia, via libera definitivo del Senato: separazione delle carriere e doppio CSM

30 ottobre 2025 – Con 112 voti favorevoli, 59 contrari e 9 astensioni, il Senato ha approvato in via definitiva la riforma della Giustizia che introduce la separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e pubblici ministeri. È il quarto e ultimo passaggio parlamentare, che conclude l’iter previsto dall’articolo 138 della Costituzione.

Il testo, fortemente voluto dal governo Meloni e dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, non ha subito modifiche rispetto alle versioni approvate in precedenza. Non avendo raggiunto la maggioranza dei due terzi, la riforma dovrà ora essere sottoposta a referendum confermativo, previsto per la primavera 2026.


Cosa cambia con la riforma

Il cuore del provvedimento è la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Finora, i magistrati italiani potevano passare da un ruolo all’altro nel corso della carriera; la nuova norma impedirà questa possibilità, tracciando percorsi distinti e non interscambiabili.

Chi intraprende la carriera da giudice non potrà più diventare pubblico ministero, e viceversa. L’obiettivo dichiarato del governo è quello di rafforzare la terzietà del giudice e separare nettamente chi accusa da chi giudica, superando quella che Nordio ha definito “una commistione pericolosa”.


Due CSM distinti e un’Alta Corte disciplinare

La riforma istituisce due Consigli Superiori della Magistratura: uno per i giudici (Csm giudicante) e uno per i pubblici ministeri (Csm requirente).

Entrambi avranno come presidente il Capo dello Stato. Membri di diritto saranno il Primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di Cassazione, rispettivamente per il Csm giudicante e per quello requirente.

La novità più discussa è il sorteggio per la selezione dei componenti togati dei due Consigli e dell’Alta Corte disciplinare.
Un terzo dei membri sarà scelto da un elenco di professori e avvocati approvato dal Parlamento in seduta comune; i restanti due terzi verranno estratti a sorte tra magistrati giudicanti e requirenti.

L’Alta Corte disciplinare — nuova istituzione prevista dalla riforma — sarà composta da 15 giudici: 3 nominati dal Presidente della Repubblica e gli altri selezionati a sorte tra i magistrati. Questo organo avrà il compito di valutare eventuali illeciti disciplinari all’interno della magistratura.


Le reazioni politiche: scontro in Aula

Il dibattito al Senato è stato teso e polarizzato.
Il senatore Roberto Scarpinato (M5S) ha definito la riforma “un attacco frontale all’indipendenza della magistratura”, accusando il governo di voler sottomettere il potere giudiziario alla politica.

Dall’altra parte, Forza Italia ha rivendicato il provvedimento come una “battaglia di civiltà”, evocando i casi di Enzo Tortora e Silvio Berlusconi come simboli di una giustizia da riformare in chiave più garantista.

Per il ministro Nordio, invece, si tratta di “una vittoria della democrazia”, mentre le opposizioni denunciano il rischio di “una giustizia controllata dal potere politico”.


Ora la parola ai cittadini

Come previsto dalla Costituzione, la riforma sarà sottoposta a referendum confermativo, poiché non ha ottenuto la maggioranza qualificata dei due terzi. La consultazione potrà essere richiesta da un quinto dei parlamentari, da 500 mila elettori o da cinque Consigli regionali.

Il voto, previsto per la primavera 2026, non prevede quorum: il testo sarà confermato se prevarranno i “sì”.

Nordio ha già annunciato che sosterrà la campagna per la conferma, ma ha anche lanciato un avvertimento alla magistratura:

“È bene che esponga le sue ragioni tecniche e razionali, ma non si aggreghi a forze politiche per trasformare il referendum in un voto pro o contro il governo. Sarebbe catastrofico per la politica e per la magistratura stessa.”

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