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Generale Luongo: «A Rafah i nostri carabinieri per la sicurezza di Gaza». L’Italia torna sul campo dopo un anno di stop


Carabinieri in avanscoperta: l’Italia c’è, anche se in silenzio

Mentre la politica internazionale discute ancora se e come dare vita a una missione di pace sotto l’egida dell’ONU a Gaza, i carabinieri sono già presenti. Sono pochi — appena sette, più alcuni ufficiali di collegamento tra Gerusalemme, Tel Aviv, Ramallah e Rafah — ma rappresentano l’unico presidio militare italiano nell’area.
Un segnale forte, soprattutto dopo le parole del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha annunciato il contributo dell’Italia alla ricostruzione delle infrastrutture primarie e sanitarie distrutte nel conflitto: strade, reti elettriche, acquedotti e ospedali.


Dai bombardamenti al ritorno sul campo: un anno di stop e ripartenza

Nel 2023, con l’intensificarsi dei bombardamenti e l’avanzata dell’esercito israeliano, il ministro della Difesa Guido Crosetto aveva ordinato il rientro dei circa 200 carabinieri-istruttori del Battaglione Tuscania e della 2ª Brigata Mobile impegnati nell’addestramento della polizia palestinese.
Una scelta precauzionale, dettata dal venir meno delle garanzie di sicurezza. Ma già nel 2024, su richiesta degli Stati Uniti, è partita una nuova missione nella base di Gerico, con il compito di formare gli agenti palestinesi: regole d’ingaggio, controllo del territorio, rispetto delle leggi, indagini e tecniche di arresto.
Un ritorno discreto ma concreto, a testimoniare la continuità dell’impegno italiano per la stabilità dell’area.


Gerico e la sfida americana: da 25 a 500 carabinieri?

Oggi la missione italiana — denominata Miabit — conta 25 militari, impegnati nel sostegno all’Autorità nazionale palestinese. Ma Washington aveva chiesto ben 500 carabinieri: una cifra ritenuta eccessiva da Roma, anche per la rotazione semestrale dei turni.
Secondo indiscrezioni, un contingente di 200-250 carabinieri potrebbe comunque essere schierato, se matureranno le condizioni politiche e un mandato ONU chiaro. La decisione, più diplomatica che militare, richiederebbe in ogni caso un passaggio parlamentare.


Il cuore dell’addestramento è a Vicenza

Parallelamente, alcuni agenti palestinesi potrebbero arrivare in Italia per seguire corsi al Center of Excellence for Stability Police Units (CoESPU) di Vicenza, centro d’istruzione dell’Arma nato in collaborazione con gli Stati Uniti.
Qui si formano le unità di polizia internazionale destinate alle missioni di pace, un modello replicabile anche per la futura forza di sicurezza palestinese.


Dall’emergenza umanitaria alla ricostruzione sanitaria

Sul fronte umanitario, la Farnesina concentra i propri sforzi sull’emergenza sanitaria: gli ospedali di Gaza, devastati o in condizioni precarie, sono la priorità.
L’Italia punta a riattivare la rete ospedaliera sfruttando le proprie strutture mediche in Egitto e Giordania, in coordinamento con la Germania e le agenzie ONU, come il Programma alimentare mondiale (PAM).
Accanto alla sanità, resta aperto anche il capitolo scuola, per la ricostruzione del sistema educativo distrutto dai bombardamenti.


Luongo: “A Rafah otto carabinieri, addestrati 4.000 operatori dal 2014”

Sono presenti presso Rafah otto carabinieri. Il loro compito è fornire assistenza all’Autorità palestinese per la riapertura del valico e avviare attività di formazione per le future forze locali,” ha dichiarato il Comandante Generale dei Carabinieri, Salvatore Luongo, in un’intervista al Tg1.
“L’Arma svolge da tempo attività di addestramento in quell’area: abbiamo già formato circa 4.000 operatori di polizia dal 2014 a oggi. Da novembre 2024 è operativo un team di 12 specialisti e l’impegno potrà crescere nel tempo, seguendo i modelli sviluppati al CoESPU di Vicenza e le linee guida ONU.”


La diplomazia parla, l’Arma agisce

Mentre la politica internazionale procede tra cautela e negoziati, l’Italia si muove già con i suoi carabinieri, silenziosi protagonisti della stabilizzazione in una delle aree più complesse del pianeta.
Non una missione di pace ancora, ma un ponte operativo e umano verso la ricostruzione di Gaza, nel segno della professionalità e della discrezione che da sempre distinguono l’Arma.


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