Omicidio Cerciello: Sconto di pena per Hjorth, un oltraggio alla memoria. UNARMA accusa: ‘Giustizia sacrificata sulla scacchiera diplomatica’
La nuova condanna: 5 mesi in meno per Hjorth
Gabriele Natale Hjorth, uno dei due giovani statunitensi coinvolti nell’omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, ha ottenuto uno sconto di pena. La Seconda Corte d’Assise d’Appello di Roma ha ridotto la condanna a 10 anni, 11 mesi e 25 giorni, accogliendo la richiesta della Procura Generale. Una limatura di cinque mesi rispetto agli 11 anni e 4 mesi inflitti nel secondo appello.
La Corte di Cassazione, lo scorso 12 marzo, aveva ordinato un nuovo processo, limitato però alla sola rideterminazione della pena, lasciando irrevocabile la responsabilità penale. Hjorth, attualmente agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, era presente in aula, nella casa della nonna a Fregene, dove sconta la sua pena.
Nicolosi (UNARMA): “Una sentenza che grida vendetta”
Antonio Nicolosi, Segretario Generale di UNARMA, non ha usato mezzi termini nel commentare la decisione:
“È una sentenza che grida vendetta. Ridurre a 11 anni la responsabilità di chi ha partecipato all’omicidio di un carabiniere in servizio è uno schiaffo alla memoria di Mario Cerciello Rega, alla divisa che indossava, allo Stato che serviva. La famiglia, i colleghi e tutto il Paese meritavano ben altro.”
Il segretario ha espresso profonda indignazione per quella che considera una decisione giuridica sproporzionata alla gravità del reato, soprattutto considerando il valore simbolico dell’uniforme e del servizio prestato da Cerciello Rega.
Lo spettro di un “accordo ombra”: Chico Forti e Hjorth sullo stesso tavolo?
L’intervista si fa ancora più rovente quando Nicolosi evoca un possibile “scambio non dichiarato” tra Italia e Stati Uniti:
“Da mesi denunciamo l’ipotesi che ci sia stata una trattativa non dichiarata tra governo italiano e autorità statunitensi. Da una parte il rimpatrio di Chico Forti, condannato all’ergastolo in Florida. Dall’altra la graduale riduzione delle pene per i due americani responsabili dell’omicidio Cerciello Rega.”
La vicenda di Chico Forti, tornato in Italia dopo 24 anni di carcere negli USA, viene evocata da Nicolosi come possibile moneta di scambio per ottenere trattamenti di favore per i due imputati americani, Hjorth e Finnegan Lee Elder.
“Nessuna prova formale, ma troppe coincidenze”
Alla domanda se esistano prove di questo presunto accordo, Nicolosi è chiaro:
“Non esistono prove formali di accordi scritti o dichiarazioni ufficiali. Tuttavia, il fatto che entrambi i casi abbiano ricevuto attenzione diplomatica e mediatica simultanea solleva perplessità. Troppe coincidenze, troppo silenzio.”
Un’ombra lunga, quella del sospetto, che mette in discussione la trasparenza delle relazioni bilaterali e alimenta il malcontento tra le forze dell’ordine.
“Non vogliamo giustificazioni. Vogliamo verità”
Il tono dell’intervista si fa ancora più solenne quando si parla delle aspettative di UNARMA verso le istituzioni:
“Non ci aspettiamo giustificazioni. Ci aspettiamo verità. Se c’è stato un accordo con gli Stati Uniti, deve emergere. Altrimenti resterà l’ombra indelebile di uno scambio tra sangue e diplomazia.”
Per Nicolosi, non si tratta solo di una questione di legalità, ma di onore e memoria, valori fondanti dell’Arma dei Carabinieri e del servizio pubblico.
Un messaggio alla famiglia Cerciello Rega: “Non siete soli”
Infine, un messaggio diretto ai familiari della vittima:
“Che non sono soli. Che noi, come UNARMA, non accetteremo mai che la vita di un carabiniere venga sacrificata due volte: la prima per mano di chi l’ha ucciso, la seconda per mano di chi lo dimentica.”
Una dichiarazione che suona come un impegno morale e civile, in difesa non solo della memoria del vicebrigadiere ucciso, ma di tutte le forze dell’ordine che ogni giorno rischiano la vita per lo Stato.
Una giustizia che divide
La riduzione di pena per Hjorth, benché legittimata dalla Cassazione, rischia di aprire una ferita politica, istituzionale e sociale. In assenza di risposte chiare dal governo, il sospetto di una diplomazia piegata agli interessi bilaterali continuerà a serpeggiare. E con esso, l’amarezza di chi sente che la giustizia italiana ha perso un’occasione per affermare il rispetto verso chi serve il Paese in divisa.

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