Mancata corresponsione dell’Indennità Integrativa Speciale (IIS): un’ingiustizia per i militari all’estero
Il SIAM ha sollevato un problema che riguarda direttamente il personale della Difesa impiegato presso le rappresentanze diplomatiche italiane all’estero: la mancata corresponsione dell’Indennità Integrativa Speciale (IIS), un trattamento economico previsto dall’art. 1809 del d.lgs 66/2010. Un’anomalia che sta generando malcontento e che evidenzia una gestione quantomeno discutibile da parte dell’Amministrazione Difesa.
Secondo la normativa, il trattamento economico del personale della Difesa in servizio all’estero dovrebbe includere sia gli emolumenti interni (stipendio e competenze fisse e continuative) sia gli emolumenti esteri, in linea con quelli percepiti dal personale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI). Tuttavia, l’Amministrazione Difesa ha deciso di interpretare in modo restrittivo la normativa, applicando in maniera impropria l’art. 1 bis del decreto legge 138/2011, che esclude l’IIS dal trattamento economico del personale MAECI, ma che non dovrebbe riguardare i militari.
Un’interpretazione restrittiva che penalizza il personale della Difesa
Il risultato? Una disparità di trattamento evidente. Il personale inquadrato ai sensi dell’art. 1808 del medesimo decreto continua a percepire l’IIS, mentre chi rientra nell’art. 1809 ne viene ingiustamente escluso. Un’ingiustizia che colpisce proprio coloro che operano in contesti delicati e strategici.
Come se non bastasse, l’Amministrazione Difesa ha giustificato la mancata corresponsione dell’IIS facendo riferimento a una presunta incompatibilità con l’assegno di sede, un trattamento ormai abrogato e sostituito dall’indennità di servizio all’estero. Un’argomentazione che il SIAM ha definito priva di fondamento e che sembra più un pretesto per ridurre i costi che una reale necessità normativa.
Esclusione dell’IIS dal calcolo pensionistico: un danno a lungo termine
A peggiorare ulteriormente la situazione è la mancata inclusione dell’Indennità Integrativa Speciale (IIS) nel calcolo della pensione e del trattamento di fine servizio. Non è solo una questione di equità immediata, ma una scelta che avrà conseguenze durature e penalizzanti per il personale della Difesa.
Questa esclusione, infatti, comporterà una riduzione significativa dell’assegno pensionistico, incidendo direttamente sulla sicurezza economica di chi ha servito il Paese per anni. Una disparità inaccettabile, che priva il personale di un diritto maturato nel tempo e destinato a pesare sulle loro condizioni economiche future.
Di fronte a questa situazione, il SIAM ha richiesto un intervento urgente per sanare l’errore e ripristinare l’IIS con effetto retroattivo.
Provvidenze scolastiche: un pasticcio burocratico che apre la strada ai ricorsi
Il problema non si ferma qui. Un altro nodo critico riguarda le provvidenze scolastiche, il cui riconoscimento da parte della Difesa è avvenuto solo di recente, con anni di ritardo rispetto a quanto previsto dalla legge. Ma c’è di più: pare che il cambiamento normativo non è stato adeguatamente comunicato al personale, creando una grave disparità di trattamento.
Il nuovo regime pare sia entrato in vigore con anno scolastico in corso, quando in metà del mondo le iscrizioni scolastiche avvengono già tra agosto e settembre. Di conseguenza, molte famiglie non hanno potuto presentare domanda in tempo, semplicemente perché non sapevano di avere diritto al beneficio. A rendere la situazione ancora più paradossale, il riconoscimento non è stato applicato in modo retroattivo, penalizzando chi, per mancanza di informazioni, non ha potuto usufruire del supporto economico.
Ma la vera domanda è un’altra: se l’amministrazione ha impiegato anni per adeguarsi alla normativa, perché il ritardo deve ricadere sul personale e non essere sanato con un intervento equo e retroattivo? Un’omissione che potrebbe aprire la strada a una pioggia di ricorsi e contenziosi, con un ulteriore aggravio per le casse pubbliche.
Una domanda scomoda: chi tutela davvero i militari all’estero?
La questione resta aperta e merita di essere seguita con attenzione, perché non si tratta solo di numeri e cavilli burocratici, ma di diritti e dignità di chi rappresenta l’Italia all’estero.
Eppure, non è la prima volta che denunciamo la scarsa attenzione della Difesa verso il personale impiegato all’estero. Solo pochi mesi fa vi abbiamo parlato del riconoscimento dell’indennità di trasferimento per i militari di rientro dalle ambasciate (leggi qui). Un caso che ha scatenato decine di segnalazioni, ricorsi e l’intervento di numerosi studi legali e sindacati.
Ma la domanda resta: perché i militari devono ricorrere alla giustizia e pagare di tasca propria per ottenere ciò che la legge già prevede e i tribunali confermano?
Lo stesso vale per l’indennità degli straordinari dei militari nelle addettanze militari, su cui il TAR ha già fatto chiarezza (leggi qui), eppure ancora nessuna soluzione concreta è stata adottata.
Oggi vi parliamo dell’IIS e delle provvidenze scolastiche, domani – ne siamo certi – saremo costretti a denunciare nuove anomalie. Perché a questo punto viene da chiedersi: esiste qualcuno nell’Amministrazione Difesa che si occupa davvero del personale nelle rappresentanze diplomatiche? O si preferisce ignorare il problema, lasciando che si trascini fino al prossimo ricorso?
Addettanze Militari: Eccellenza Strategica o Uffici di Comodo?
In un contesto di crescenti tensioni strategiche internazionali, in cui l’intelligence militare dovrebbe essere un pilastro fondamentale della nostra sicurezza, ci si perde nei cavilli burocratici e nelle interpretazioni restrittive delle normative. Le Addettanze Militari sono ancora il fiore all’occhiello della Difesa, fulcro di strategie e informazioni cruciali, o si sono trasformate in semplici posti di passaggio dove far ruotare il personale per tappare buchi? Mentre le altre potenze rafforzano la loro presenza all’estero, l’Italia penalizza i propri uomini con tagli e pastoie amministrative. Semplice distrazione o scelta deliberata?
E tutto questo accade sotto gli occhi dell’autorità politica, che ormai non può più far finta di niente. Se nessuno interviene, le possibilità sono solo due: o si sceglie di ignorare il problema, o chi dovrebbe risolverlo non è all’altezza del ruolo. In entrambi i casi, qualcosa va cambiato – e in fretta (che sia la mentalità o chi la rappresenta).
Noi continueremo a raccontarvela, sperando che il ministro Crosetto intervenga prima che l’ennesimo ricorso diventi l’unica via per ottenere ciò che spetta di diritto.
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