Incidenti stradali, il poliziotto-testimonial dello spot sulla sicurezza: «Ho perso mia figlia investita sulle strisce»
«Ogni giorno, all’andata e al ritorno dal lavoro, passo davanti al punto dove mia figlia è stata investita e uccisa da un’auto sulle strisce pedonali. Oggi è l’anniversario, il 2 dicembre: ho portato un fiore alla nostra Giulia». Per Silvio Buttazzoni, sostituto commissario della Polstrada, vice comandante della sezione di Trieste e capo dell’Ufficio infortunistica, il tempo sembra essersi fermato. È il papà della ragazza di 15 anni vittima di un incidente stradale nel 2016 proprio a Trieste mentre si recava alla fermata dell’autobus per andare a scuola. Otto anni dopo il padre ha accettato di essere il protagonista di uno spot sulla sicurezza stradale, realizzato dal Dipartimento di pubblica sicurezza insieme con quello dell’Editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, già in onda sulle tv e sui social, con migliaia di visualizzazioni soprattutto dai giovani, nel quale racconta la sua drammatica vicenda.
Cosa ricorda di quel giorno?
«Quella mattina Giulia era tutta contenta perché aveva ricevuto come regalo una borsetta per la festa di San Nicolò del 6 dicembre che qui a Trieste è soprattutto per i ragazzi. Come ogni giorno siamo usciti insieme, io per andare al lavoro, lei per andare a scuola. Uno da una parte e uno dall’altra. Dovevo prendere servizio in sala operativa: è arrivata la notizia dell’incidente (in via Carlo de Marchesetti), sapevo che era mortale. Ma non che fosse Giulia. Mi hanno avvisato poco dopo: ho preso lo scooter e mi sono precipitato lì. Non c’era niente da fare, l’auto era ferma, il conducente sul posto. Non ho voluto nemmeno vedere: dopo tanti anni di servizio, alla Stradale di Milano per sette anni, capisci in un attimo. Basta la scena, le piccole sfumature, i rilievi»..
E anche i suoi colleghi.
«Tanti, c’erano tutti. Un abbraccio che non mi ha mai più lasciato. Che c’è ancora oggi. I vigili urbani hanno riempito i verbali, se ne sono occupati loro. Meglio, altrimenti mi sarei ritrovato quelle carte davanti tutta la vita. In quel momento ho spento tutto, dovevo occuparmi di mia moglie e di mio figlio, che all’epoca frequentava le medie, mentre Giulia era alle superiori in un’altra scuola. La mamma già sapeva, aveva già capito tutto. In quei momenti ho dovuto imparare in un attimo a lasciare da parte il fatto di essere il padre per lasciare spazio al mio essere poliziotto. Ho preso fiato, poi siamo tornati a casa, ad appena 300 metri dal luogo dell’incidente».
E il fratello come lo ha saputo?
«Lui stava su un autobus per andare a scuola, quando è passato davanti alla scena dell’investimento. Ha visto tutto, ha intuito che fosse accaduto qualcosa alla sorella. Non poteva esserne sicuro perché avevano messo un telo, ma ci ha chiesto: “Giulia non è uscita con gli scarponcini chiari, vero?”».
Ora ha accettato di far parte del progetto Chirone. Perchè?
A coinvolgermi è stato il mio ex dirigente Eugenio Amorosa. In realtà io ho sempre partecipato agli incontri a scuola sulla sicurezza stradale. Sono entrato in polizia nel 1989 e ho scelto la Stradale come una vocazione, ho sempre voluto aiutare gli altri. Le multe servono certo, altrimenti sarebbe una giungla, ma io credo che sentirsi utile, portare soccorso agli altri, sia la cosa più bella del nostro lavoro.
Anche a lei è toccato dare brutte notizie ai familiari delle vittime?
«È successo tante volte, sono episodi che segnano anche te che devi incontrare queste persone, che già capiscono non appena aprono la porta di casa. Anni fa non eravamo preparati, oggi questo progetto ci aiuta a commettere meno errori possibile in quei momenti. Alla loro sofferenza si aggiunge la nostra, ma non possiamo farla vedere ai parenti delle vittime. Dobbiamo essere forti per due. Ma fra di noi, vi assicuro, c’è chi poi quando sta da solo crolla».
È rimasto in contatto con le persone che incontrato in questo ambito del suo lavoro?
«No, per mia scelta. Posso aver fatto del bene, magari invece sarà sempre antipatico solo perché ho portato la notizia di una tragedia che ha per sempre cambiato una vita. Come poliziotto penso sempre a fare il mio meglio, non possiamo fare altro».
Incontrare gli studenti aiuta anche lei?
«Ogni volta è un colpo, da quando Giulia non c’è più sono diventato molto più sensibile quando si parla di giovani. Per la verità, lo sono sempre stato. Questi incontri sulla sicurezza stradale mi coinvolgono molto, ma ogni volta mi dico che ne vale la pena. Che bisogna farlo. I ragazzi devono capire che guidare una macchina è un’attività complessa, serve la tecnologia, ma serve anche l’intelligenza e la coscienza. Perché è un’attività pericolosa. L’importante è far emozionare i giovani delle superiori, far capire loro che la sicurezza stradale riguarda tutti, perché illustrare solo le norme del Codice della Strada serve fino a un certo punto. È un mondo dove si ride sui social e in tv davanti a un video dove c’è gente che si fa male, il dolore e la violenza sono sdoganati come se non fossero cose gravi. Invece lo sono, e quando al volante si fa male a qualcuno, sta male anche chi ha causato quel dolore».
Otto anni dopo Giulia è sempre presente. In che modo?
«Nostra figlia era una forza della natura, una ragazza molto attiva. Voleva diventare medico, era aperta alle altre culture. Aveva già partecipato a scambi culturali, era stata in una famiglia in Repubblica Ceca, aveva ospitato una giovane di Hong Kong. Poco prima dell’incidente era stata a Salerno per uno scambio con una scuola e aveva organizzato il Capodanno a Trieste con gli studenti che aveva conosciuto lì. E che sono venuti lo stesso. Tutta Trieste ha partecipato al nostro dolore, ci è stata vicina tutta la città. Anche la raccolta fondi è stata spettacolare: siamo riusciti a creare un’aula di micro biologia nella scuola di Giulia, l’istituto “Deledda Fabiani”, con microscopi elettronici e tutto il necessario. Le hanno intitolato l’aula, i ragazzi quando devono andare a studiare lì, dicono “andiamo nell’aula Giulia”. Abbiamo anche dotato la scuola delle attrezzature per le lezioni all’aperto, e poiché Giulia amava cantare nel coro delle medie anche quando stava alle superiori, abbiamo acquistato un pianoforte per la scuola di musica per aiutare i ragazzi e abbiamo organizzato scambi e raduni con i gruppi scout».
Nel 2023 otto vittime e 615 feriti al giorno
Nel 2023 si sono registrati in media 8 vittime e 615 feriti al giorno; molte sono le giovani vite spezzate in pochi secondi. E’ la triste narrazione degli incidenti stradali che riempiono le pagine di cronaca e che hanno un costo sociale di 18 miliardi di euro all’anno pari all’1% del Pil (fonte Istat 2023). «La polizia di Stato mette in campo tutte le risorse disponibili per evitare gli incidenti stradali e contrastare le condotte di guida rischiose attraverso i controlli su strada, le tecnologie da remoto e le numerose campagne di sicurezza stradale», spiegano dal Dipartimento di Ps, che aggiunge: «Le donne e gli uomini in divisa intervengono per primi sugli incidenti stradali . Soccorrono le persone coinvolte, ricostruiscono le responsabilità e cercano di trovare le parole giuste per comunicare un grande dolore, che forse si sarebbe potuto evitare. I poliziotti tornano a casa portando con sé una parte di quella tragica sofferenza. Non si abituano mai a quel dolore nonostante l’esperienza e la formazione».