Polizia Penitenziaria

POLIZIA PENITENZIARIA:RIALLINEAMENTO CARRIERE E FUTURA FUSIONE CON LA POLIZIA DI STATO

Riportiamo un interessante analisi stilata ed inviataci dal Co.fu.pe. (Comitato Funzionari polizia penitenziaria).

Nell’anno 1990, con l’emanazione della Legge 15 dicembre 1990 n. 395, viene sciolto  l’ex Corpo degli Agenti di Custodia (corpo militare), e viene istituito  il Corpo di Polizia Penitenziaria, che è forza di polizia a ordinamento civile militarmente organizzato al pari della Polizia di Stato.

Ad oggi il Corpo conta circa 39.000 uomini e donne, registrando una carenza di circa 6.000 unità.

Fino all’anno 2000, il ruolo apicale del Corpo era costituito dal ruolo degli Ispettori, non essendo previsto un ruolo di Funzionari direttivi (Commissari), che viene previsto ed introdotto solo nell’anno  2000, con il decreto legislativo n. 146.

Il decreto legislativo n. 146/2000 però, purtroppo non fedele alla legge delega n. 266/1999, non istituisce il ruolo direttivo del Corpo di polizia penitenziaria prevedendo analoghi gradi ed analoga carriera rispetto alle previsioni della Polizia di Stato, la cui disciplina è dettata con legge n. 121/1981, e a cui si doveva restare fedeli e osservanti.

Infatti il decreto legislativo n. 146/2000 prevede, rispetto alla disciplina dettata per la Polizia di Stato, grandi differenze e, soprattutto, enormi sperequazioni in peius per il Corpo di polizia penitenziaria.

Con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 334/2000, e del decreto legislativo n. 155/2001, disciplinanti i nuovi assetti della Polizia di Stato e del Corpo Forestale dello Stato, si è determinata per i funzionari della Polizia Penitenziaria una gravissima sperequazione di trattamento che mortifica i ruoli direttivi nello status giuridico, nelle attribuzioni funzionali e nel trattamento economico[1].

A porre fine a tali sperequazioni, che hanno causato per lunghi anni gravi pregiudizi economici e di dignità professionale e personale, finalmente l’art. 1, comma 973, delle legge 28 dicembre 2015, n. 280, ha disposto l’equiparazione delle carriere dei Ruoli Direttivi della Polizia Penitenziaria a quelle dei corrispondenti Ruoli Direttivi della Polizia di Stato di cui al decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334 e successive modificazioni ed integrazioni, reperendo i fondi necessari.

La legge ha dunque disposto il “riallineamento” della polizia penitenziaria alla polizia di stato, con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2016, ma ad oggi nessun intervento è stato attuato, e siamo in attesa (si dice che il riallineamento verrà attuato entro questa estate e prima del c.d. riordino che riguarderà tutte le Forze).

       

La Polizia Penitenziaria è stata oggetto di progetti di modifica in sede di “Stati generali dell’esecuzione penale”, istituiti con D.M. 8 maggio 2015 (integrato dal D. M. 9 giugno 2015), ed in particolare attraverso, il Tavolo 15. Dalla lettura del progetto, pubblicato  sul sito ufficiale del Ministero della Giustizia con  relativi allegati ed integrazioni, si apprende che si tratta di un progetto che pone definitivamente fine al Corpo di Polizia Penitenziaria quale forza di Polizia nazionale, con funzioni di polizia giudiziaria h 24,  ai sensi dell’art 55 del c.p.p.,  dell’art. 16 comma 2 legge 121 del 1981 e dell’art. 19 della legge 183 del 201.

Il progetto 2 del Tavolo 15 degli Stati Generali, prevede infatti la soppressione del Corpo di polizia penitenziaria e la sua confluenza nel “Corpo di Giustizia dello Stato” unitamente alle altre variegate figure professionali del D.A.P., quali assistenti sociali ed educatori. I poliziotti penitenziari, perdendo le funzioni di polizia giudiziaria h 24, sarebbero ridotti alla stregua della polizia locale, ed in più vi sarebbero una serie di effetti pregiudizievoli a catena, ovverossia:

 

  1. l’ovvio pregiudizio per lo Stato, in termini di Sicurezza, perché in tal modo la Nazione si priverebbe immediatamente di 39.000 unità di Polizia Penitenziaria, che attualmente, in quanto ufficiali ed agenti di Polizia Giudiziaria garantiscono, a costo zero la sicurezza generale dello Stato anche oltre l’orario di servizio;
  2. il pregiudizio per lo Stato, in termini economici,  perché far confluire nel nuovo potenziale “Corpo di Giustizia” le altre figure professionali dell’Amministrazione quali nuovi ruoli tecnici di questo nuovo Corpo comporterà costi elevatissimi;
  3. il pregiudizio per 39.000 uomini e donne che perderebbero lo status per cui hanno superato un pubblico concorso. Peraltro si aprirebbe una serie interminabile di contenziosi contro l’Amministrazione in quanto 39.000 uomini e donne chiederebbero di transitare nei ranghi della Polizia di Stato, per rimanere a tutti gli effetti poliziotti. Peraltro  tale possibilità di transito deve essere riconosciuta come lo fu al momento dello scioglimento dell’ex Corpo degli agenti di Custodia nel 1990, e come lo è ora per il Corpo Forestale dello Stato.
  4. Il pregiudizio per i detenuti, che vedrebbero dinanzi a sé una serie indistinta di persone che indossano la medesima uniforme. La tendenza da perseguire deve essere, al contrario, quella di affidare la cura e la gestione dei detenuti non a poliziotti (o comunque li si voglia chiamare pur nella denominazione di Corpo di Giustizia) ma a professionisti di tipo psico-pedagogico, che consentano alle persone private della libertà personale di affrontare nelle migliori condizioni un percorso di revisione critica, volto anche a  sviluppare strumenti che potranno poi essere spesi ed utilizzati una volta rientrati nel tessuto sociale.

La tendenza deve dunque essere quella inversa di privatizzare e/o  “smilitarizzare” l’attuale quadro dell’esecuzione penale (come enunciato anche dal garante dei detenuti Mauro Palma), lasciando alla polizia penitenziaria il compito di assicurare la sola sicurezza esterna della struttura detentiva,  e di controllo sul territorio dell’esecuzione delle misure alternative alla detenzione, da realizzare anche attraverso l’accorpamento alla Polizia di Stato, in accordo alla necessità di ridurre i corpi di polizia e razionalizzare le risorse, già enunciata dall’Unione Europea e citata anche dal Presidente del Consiglio Renzi.

Quello che noi appartenenti al Corpo chiediamo è di restare poliziotti e di transitare nei ranghi della Polizia di Stato per consentire che il carcere abbia all’interno una gestione trattamentale, così come deve essere da dettato costituzionale ed europeo, e così da ridurre le forze di polizia esistenti e conseguentemente razionalizzare le risorse esistenti.

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