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MILITARI ITALIANI IN AFGHANISTAN, M5S: “LI’ PER SPARARE?”

Il deputato Gianluca Rizzo presenta un’interrogazione alla ministra Pinotti. Recentemente soldati italiani e americani si sono spostati nella provincia di Farah in Afghanistan, a supporto dell’esercito minacciato da possibili attentati talebani;

Roma, 27 settembre 2017. “Apprendere dai media locali afghani che nostri militari siano stati aviotrasportati in zone che potrebbero potenzialmente essere oggetto di attentati ci lascia sgomenti”.

Così il deputato del Movimento 5 Stelle Gianluca Rizzo primo firmatario insieme ai colleghi della commissione Difesa di un’interrogazione al ministro della Difesa Roberta Pinotti.

“Anche se non è la prima volta che nostri militari vengono impegnati nella provincia di Farah –  continua Rizzo – questa volta sembra mutato il contesto in cui avrebbero operato”.

“La nostra presenza in Afghanistan non prevede la possibilità di azioni belliche direttamente condotte da nostro personale– conclude Gianluca Rizzo – almeno che direttamente autorizzate dalla presidenza del consiglio dei ministri e a protezione di interessi nazionali o cittadini italiani all’estero. Chiediamo alla ministra Pinotti di voler informare il Parlamento e gli italiani di cosa realmente andiamo a fare in Afghanistan al fianco degli americani”.

[infobox title=’RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:’]

il 1º gennaio 2015 è stata avviata la missione a guida NATO «Resolute Support» (RS), incentrata sull’addestramento, sulla consulenza e l’assistenza in favore delle Forze armate (Afghan National Security Forces – ANSF) e le istituzioni afgane;

l’Italia ha garantito alla Nato e alla Repubblica dell’Afghanistan il proprio supporto e in tale contesto il Train Advise Assist Command West (TAAC W) prosegue le attività di addestramento, assistenza e consulenza a favore delle istituzioni e delle forze di sicurezza locali concentrate nella regione Ovest e comprendente le provincie di Baghdis, Ghor, Herat, Farah e Nimroz;

con 1.037 unità dispiegate in Afghanistan, l’Italia detiene il secondo contingente, in termini numerici, dispiegato dopo gli Stati Uniti;

più volte il Governo ha dichiarato che i militari italiani sono lì per compiti di addestramento alle forze di polizia e che non è mai stata intrapresa alcuna attività di impiego diretto di suddetto personale al fine di contrastare le avverse forze talebane;

recenti notizie di stampa rilevano come una possibile minaccia di attentato talebano al governatorato di Farah abbia allertato soldati italiani e americani che si sono spostati presso tale provincia;

secondo quanto riportato dal portavoce del governatore Nasir Mehri, americani ed italiani sono stati aerotrasportati nella giornata di giovedì 27 luglio 2017 nella capitale della provincia e sono preparati a resistere a un attacco della guerriglieri talebani;

la Nato Resolute Support è classificata come «non combat mission», anche dalle Nazioni Unite;

la deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali adottata il 14 gennaio 2017, individua con la «scheda 11», gli obiettivi per la «Resolute Support» e non menziona attività di contrasto armato diretto contro le forze di opposizione locali;

va peraltro ricordato che l’articolo 7-bis del decreto-legge n. 174 del 2015, convertito dalla legge n. 198 del 2015, autorizza il Presidente del Consiglio dei ministri, acquisito il parere del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ad emanare disposizioni per l’adozione di misure di intelligence di contrasto, in situazioni di crisi o di emergenza all’estero che coinvolgono aspetti di sicurezza nazionale o per la protezione di cittadini italiani all’estero, con la cooperazione di forze speciali della difesa con i conseguenti assetti di supporto della difesa stessa –:

se la Ministra interrogata intenda fornire elementi circa la partecipazione italiana alla difesa del governatorato di Farah e con quali compiti;

se non ritenga di chiarire se la partecipazione a tale intervento rientri tra quelle stabilite ai sensi dell’articolo 7-bis del decreto-legge richiamato in premessa, in materia di intelligence. (4-17901)

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