Polizia

MILANO, LA POLIZIA SI RIBELLA: “NOI DERISI ED UMILIATI NON POSSIAMO DIFENDERCI”

Il segretario del Sap meneghino sull’aggressione ai poliziotti in Stazione Centrale a Milano: “La marcia pro-migranti? La facciano per noi”. È quanto scrive Giuseppe De Lorenzo per il Giornale.it.

In Italia “sicurezza” fa rima con “poteva andare peggio”. Nel senso che se i poliziotti non perdono la vita arrestando un malvivente, lo dobbiamo soprattutto al Fato. Non certo ad equipaggiamenti di ultima generazione, pattuglie sovra-dimensionate, durezza della repressione al crimine e via dicendo. No: solo tanta fortuna e molto fegato di chi, nonostante tutto, non scappa di fronte ai malintenzionati. Il caso dello straniero che ieri sera a Milano ha accoltellato due agenti e un militare è solo l’ultimo lampante esempio di come siano costrette ad operare le nostre forze dell’ordine.

Lo avete visto il video? L’immigrato simpatizzante dell’Isis sventola il coltello come se fosse una bandiera e i tre servitori dello Stato tentano di bloccarlo. A mani nude. “Ci sentiamo abbandonati, derisi, umiliati”, dice con la voce colma di dispiacere Massimiliano Pirola, segretario provinciale del Sap-Milano e per anni sulle volanti alla caccia di banditi. “Ci hanno tolto la dignità di fare i poliziotti. Non c’è più rispetto. Siamo costretti a lavorare con i caschi marci, senza leggi chiare né mezzi adeguati”.

Per fare un esempio, ieri sera i due agenti della Polfer non avevano sotto la camicia alcuna protezione. Il coltello di Ismail Hosni ha sfiorato il torace di uno dei due, andandosi poi a conficcare nel braccio. Pochi centimetri e avremmo raccontato un’altra storia. La fortuna, appunto. “I giubbotti non sono in dotazione, se non a poche squadre – spiega Pirola – Un guanto anti-taglio costa 3 euro dai cinesi, ma non ci danno neppure quello”. Per non parlare delle armi. Al momento la polizia italiana non ha uno strumento di offesa che sia una via di mezzo tra le mani e la pistola. Gli spray al peperoncino sono stati introdotti da poco, ma ce ne sono pochi e hanno controindicazioni importanti. “Non possiamo usarli al chiuso – dice Pirola – e c’è il rischio di auto-contaminazione. Senza contare che in questo momento in parecchi uffici sono assenti”. Basterebbe introdurre reti contenitive oppure i Taser, ma lo Stato continua a tagliare sulla sicurezza. E così si verificano incidenti, caserme in condizioni “pietose” e uffici con sole quattro persone a lavorarci.

Verità sconcertanti. E non ci vuole molto per capire contro chi puntare il dito. Pirola calibra bene le parole: “La colpa è di chi non ci dà le tutele necessarie, di chi non fornisce gli strumenti giusti, di chi preferisce approvare il reato di tortura invece di punire chi aggredisce i poliziotti“.

Ogni anno 6mila agenti vengono feriti in manifestazioni, controlli e normali attività sul territorio. E cosa ci guadagnano? Poco (in stipendio) e molto (in critiche e attacchi). “Il nostro ruolo non è riconosciuto. Sono sempre tutti pronti a criticarci. E davanti a un giudice vale più la parola di un bandito che la nostra”. Querele, processi infiniti, condanne farsa. Il ritornello ormai lo conosciamo. “Non possono prendersela sempre con noi”, sentenzia amareggiato il segretario del Sap.

Tra pericoli, mancanza di materiali e attacchi continui, la polizia finisce col sentirsi “abbandonata”. “Siamo in difficoltà. Chi ce lo fa fare?”, dice Pirola che nel 2002 sventò un attacco terroristico di matrice islamista nella metro meneghina. “Lo facciamo perché la nostra è una malattia. Non indietreggiamo mai. Faremo sempre il nostro dovere, qualsiasi cosa accada. Ma per una volta, invece di organizzare marce in favore dei migranti, sarebbe bello se ne facessero una per noi poliziotti”.

Lascia un commento

error: ll Contenuto è protetto