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MERITI DELL’ARMA OFFUSCATI DALLA CONDOTTA DEL MARESCIALLO. LA CORTE DEI CONTI CONDANNA AL DANNO ALL’IMMAGINE

Il Tribunale di Verona nel 2014 condannò a sei anni e sei mesi e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici l’ex comandante dei carabinieri della stazione locale perché costrinse i titolari di un’officina a riparare l’auto del padre e un’altra di una persona a lui vicina pagando una somma inferiore quella necessaria.

Le indagini sul graduato dell’Arma erano nate dopo la denuncia dei due carrozzieri a cui si era rivolto. Il suo telefono venne messo sotto controllo e dalle intercettazioni emersero altri comportamenti illegali.

Il maresciallo fu invece assolto dall’accusa di peculato per aver usato l’auto di servizio nell’andare a vedere una partita a Verona e scagionato dall’aver commesso favoreggiamento nei confronti di un giocatore di calcio che i carabinieri di Vicenza stavano cercando di rintracciare. Caddero anche le accuse in merito alla detenzione di proiettili che alcuni cittadini gli avevano consegnato per disfarsene.

Con la sua condotta criminosa, il sottufficale ha arrecato danno all’immagine dell’Arma dei carabinieri e la Corte dei Conti del Veneto con sentenza nr. 219/2016 ha disposto che:

“Il Collegio ritiene che la diffusione della notizia debba considerarsi fondamentale per l’esistenza stessa del danno all’immagine, poiché detta diffusione costituisce l’unico modo attraverso il quale viene realizzato il nocumento alla reputazione e all’onorabilità dell’ente pubblico, per effetto dell’illecito perpetrato da un suo dipendente.

Peraltro, non importa attraverso quale modalità avvenga la diffusione della notizia, poiché ciò che conta è, appunto, la prova che tale diffusione vi sia stata e che abbia determinato il discredito dell’Ente per l’azione illecita commessa dal dipendente, con conseguente perdita di fiducia della cittadinanza nell’operato dell’Amministrazione. Nella specie, la descrizione dei fatti, come desumibili dall’istruttoria penale e dalle sentenze ad essa relative, fa emergere la particolare spregevolezza e gravità dei reiterati comportamenti del convenuto, che non ha esitato ad avvalersi dei poteri connessi alla sua funzione per fini illeciti.

E’ evidente, pertanto, la ricaduta in termini di danno all’immagine, per l’Arma dei Carabinieri, sia per la fattuale e giuridica gravità delle condotte, sia per la valenza giornalistica assunta.

I meriti dell’Arma vengono offuscati, sul territorio, da inqualificabili ed inaccettabili condotte, quali quelle di cui il convenuto si è reso responsabile, e che sono espressive della negazione dei valori propri del Corpo di appartenenza.

Nel caso, la Procura ha, comunque, fornito alcuni indici sintomatici della misura del danno: l’alta rilevanza sociale e le delicate funzioni svolte dall’Amministrazione di appartenenza (Arma dei Carabinieri), la tipologia dei reati (concussione), le modalità di commissione degli stessi (ripetute minacce), il contesto sociale in cui i fatti sono accaduti (un paese, in cui particolare rilievo assume la figura di garanzia correlata alle funzioni di Carabiniere), le funzioni specifiche attribuite al convenuto (Comandante di Stazione), la eco mediatica dell’accaduto testimoniata dagli articoli di giornale.

I predetti indici sintomatici inducono a ritenere congrua la quantificazione del danno in € 15.000,00, comprensivi di rivalutazione monetaria.”

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