Editoriale

La giustizia militare ci costa 20 milioni

Il legislatore taglia 31 tribunali, altrettante procure, 220 sezioni staccate di tribunale e 667 uffici dei giudici di pace, eppure lascia intatta la magistratura militare. Ha un senso?
Sui tavoli del ministero della Difesa circola un documento coi numeri dei «carichi di lavoro» dei 70 giudici in divisa. Mentre la magistratura patisce arretrati a quattro zeri, i tre tribunali nei militari di Roma, Verona e Napoli pendevano 222 processi al 31 dicembre 2011, 208 conclusi, dei quali 86 (il 41%) per proscioglimento. Ancor più significativi i numeri delle tre procure di Roma, Napoli e Verona, la cui polizia giudiziaria indagò su 1043 procedimenti, ma le indagini concluse, 2.268 procedimenti, hanno registrato il 65% di archiviazioni e una rilevante quantità, 55 procedimenti, sono stati dirottati ad altra autorità giudiziaria.
Le cifre in tal modo raccontano, per un verso, uno sforzo per tenere i giudizi in piedi e, per altro verso, è chiaro che molti giudizi non dovevano neppure cominciare. I tre uffici dei gip, infatti, di 1965 procedimenti, lasciarono 238 pendenti, e tre quarti dei rimanenti si chiusero con l’archiviazione o non luogo a procedere. La procura generale presso la Corte militare d’appello, a Roma, concluse l’esame di ben 5 impugnazioni e condusse a termine ben 66 udienze. Ma c’è anche – e non poteva mancare – una procura generale militare presso la Corte di Cassazione che dovette fronteggiare ben 30 procedimenti, in un anno.  dieci funzionari e magistrati del tribunale di sorveglianza qualche giorno fa sono caduti in depressione: era deceduto l’unico sorvegliato speciale del tribunale militare, il capitano Eric Priebke.
Ora sono disoccupati e tuttavia pagati, un po’ più naturalmente della cassa integrazione. Con questi chiari di luna, la magistratura militare è un lusso che non ci potremmo permettere: fra stipendi dei magistrati, dei funzionari, degli impiegati e dei militari volano via quasi 20milioni ogni anno. Ma non si sa nulla degli ammortamenti e delle manutenzioni delle sedi giudiziarie militari di alto valore storico e artistico, al centro di Verona, Napoli e Roma. Sommiamo 40 automezzi, attrezzature, arredi e alloggi di servizio e la spesa non si giustifica affatto nella crisi corrente. Da tempo c’è l’esigenza di fare tabula rasa. Una «riformetta» della magistratura militare fu confezionata da Antonio Martino, ministro della Difesa dal 2001 al 2006, che tentò di far passare un progetto bizzarro: la militarizzazione di tutti i reati commessi da militari, allo scopo di giustificare l’esistenza della magistratura militare.

Progetto affondato in Parlamento. Il successore di Martino, il prodiano Antonio Parisi, avrebbe voluto dimezzare i 103 magistrati militari. Furono ridotti solo a 70, ma il carico di lavoro, come si è visto, è del tutto sproporzionato rispetto ai costi, del tutto ingiustificati mentre si sforbicia la giustizia ordinaria, sovraccarica di arretrati. In conclusione, la magistratura militare è inutile, costa troppo e più di un costituzionalista la considera una riedizione di anticostituzionali tribunali speciali. La riforma più saggia è quella obbligata: un ritocco all’articolo 103 della Costituzione, cancellando la magistratura militare e creando apposite sezioni specializzate per la giustizia militare nei capoluogo di distretto di Corte d’appello, risparmiando e reimpiegando razionalmente oltre 20milioni di euro ogni anno.

Fonte: Il Tempo

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