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IL TAR RESPINGE IL RICORSO DEL COMANDANTE DE FALCO: «LO STATO SI È VOLUTO SALVARE, NON LASCIO LA DIVISA E VALUTO L’APPELLO»

Il Tribunale amministrativo di Firenze ha respinto
il ricorso del capitano Gregorio De Falco contro il suo presunto
demansionamento
ritenendolo inammissibile per un vizio procedurale. Spiega
l’ufficiale della capitaneria di porto di Livorno divenuto celebre la notte
della tragedia della Costa Concordia per avere intimato al comandante Francesco
Schettino di tornare a bordo della nave dopo il naufragio.

Livorno, l’annuncio ufficiale durante la consegna di
un premio per il suo impegno civico. Il capitano di fregata: “Il Tar è la
strada maestra per risolvere questa situazione” «Il respingimento – ha
detto De Falco – è dovuto al fatto che non avrei notificato entro i termini
stabiliti il ricorso all’ufficiale che ha preso il mio posto definito
controinteressato al procedimento e per questo il ricorso è ritenuto
inammissibile dalla giustizia amministrativa che non è entrata nel merito della
vicenda.
Ma questo non è un concorso a premi dove vince questo o quello,
qui chiedevo ai giudici di pronunciarsi sul mio demansionamento e per quali
ragioni era stato deciso. Evidentemente lo Stato ha preferito salvarsi in
calcio d’angolo
. Ora valuteremo con i miei legali se appellare la sentenza
al Consiglio di Stato».
La decisione del Tar arriva a meno di un mese
dall’udienza e a sei mesi dal trasferimento dell’ufficiale dall’incarico
operativo a quello che lui stesso ha definito «da passacarte». «Tale
movimentazione d’autorità – si leggeva nel ricorso – si pone come l’evento
conclusivo di un comportamento vessatorio nei confronti del ricorrente che, pur
avendo origini precedenti, dopo la notte del naufragio della Costa Concordia è
divenuto ben più grave ed evidente».
Dopo che il Tar di Firenze ha respinto il suo
ricorso, il capitano Gregorio De Falco non ha alcuna intenzione di lasciare
la divisa.
“Nei mesi scorsi ci ho pensato – ha sottolineato De Falco –
ma ora più che mai sono determinato a continuare a vestirla. Il mio non è un
ricorso contro qualcuno. Né io lavoro per il mio capo ma per l’amministrazione
e quindi per il Paese”. 
Da qui la molto probabile decisione di non
arrendersi e di chiedere giustizia. 
“Voglio che si faccia luce sul procedimento
fino in fondo – ha  affermato l’ufficiale – e che lo Stato si pronunci nel
merito di quello che io ritengo un demansionamento ingiusto. La giustizia entri
dunque nel merito delle carte prodotte da me e dall’amministrazione per
stabilire se è giusto che io non faccia più il lavoro per il quale sono stato
formato e vengo pagato.  L’amarezza più grande – ha puntualizzato De Falco
– riguarda però una considerazione più generale e cioè che questa sentenza si
collochi nell’andazzo generale del Paese dove si preferisce appigliarsi a
questioni procedurali anziché di merito
“.

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