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IL GENERALE GRAZIANO: “ESERCITO INDISPENSABILE. QUANDO CI SONO I DISASTRI IL VOLONTARIATO NON BASTA”

(Giampaolo Cadalanu) – Tra alluvioni e bombe d’acqua, una bufera modesta ma evitabile l’hanno
suscitata le dichiarazioni di Franco Gabrielli, capo della Protezione civile,secondo cui chiamare l’Esercito per dare una mano “non serve a nulla”e anzi sembra dimostrare “reazioni isteriche” da parte della Regione Liguria, perché di fronte alle catastrofi naturali i soldati “non sanno dove mettere le mani”.

Ieri Gabrielli ha precisato meglio il suo pensiero,
quasi scusandosi con i militari che  –  dice  –  “sono
sempre pronti a dare supporto nei territori colpiti”. Claudio Graziano,
capo di Stato maggiore dell’Esercito, accetta le precisazioni e non vuole
polemizzare.

Generale, ma i soldati italiani
sono preparati ad affrontare le calamità naturali in patria?

“L’Esercito partecipa alle operazioni della Protezione civile e può
garantire il supporto perché questo è uno dei suoi compiti fondamentali, ma
anche perché rientra nelle sue tradizioni da sempre. Noi manteniamo peculiarità
uniche in questo senso, basti pensare che schieriamo dodici reggimenti di Genio
sparsi nel territorio nazionale: ci sono ferrovieri, pontieri, e altre
specializzazioni in grado di intervenire rapidamente con capacità uniche”.

Quanto
tempo ci vuole per schierare un reparto?


“Siamo in grado di schierarlo in quattro ore, su tutto il territorio
nazionale, con tutte le capacità in campo: ricognitori, idrovore, anche il
centro di comando e controllo “.

Non c’è un pericolo di mancanza
di coordinamento o di sovrapposizioni negli interventi, fra Protezione civile,
militari e volontari?


“L’Esercito lavora a tutto
campo per soccorrere vite umane, accanto a organizzazioni come la Protezione civile.
L’area del volontariato esprime una grande generosità, che merita tutto il
rispetto possibile, ma a volte è necessario un intervento professionale. Noi
siamo in grado di garantirlo “.

Qual
è l’atteggiamento dei soldati di fronte a questo genere di impegno?

“È proprio questo che mi dà soddisfazione dei miei ragazzi: durante
questi interventi ci mettono tutto l’entusiasmo possibile, magari saltano i
pasti, ma si vedono portare il pranzo dalla gente, che apprezza quello che
fanno, che sia salvare una persona o azionare una pompa. Con la popolazione si
crea un legame straordinario”.

Lei sottolinea la necessità di
un approccio professionale alle emergenze. In passato, però, era dalla parte
dei volontari. È vero?


“Nel 1970, facevo ancora
il liceo, a Torino. Mia nonna abitava a Genova: andai lì con altri amici, per
dare una mano, con spirito di improvvisazione e molta ingenuità. Già allora
vedevo i militari che lavoravano con professionalità. Anche questo mi ha spinto
a scegliere la divisa”.

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