Guardia costiera

“IL FATTO NON SUSSISTE”, MARESCIALLO A TESTA ALTA DOPO UN INCHIESTA DI DUE ANNI PER CORRUZIONE

Assolto perché il fatto non sussiste. E’ stato l’ex pm di Pier Camillo Davigo, attualmente presidente della II sezione della Cassazione a sentenziare che non vi fu alcuna concussione nè tantomeno induzione al reato, da parte del maresciallo della guardia costiera di Ischia Giovan Giuseppe “Vanni” Ferrandino che nell’ambito della maxi inchiesta sugli scarichi irregolari delle strutture termali dell’isola d’Ischia, venne accusato da un albergatore di Forio, di concussione ai suoi danni. Ferrandino venne sottoposto dalla Procura agli arresti, ed anche sulla misura cautelare adottata nei confronti dell’indagato, la Cassazione si è pronunciata affermando che essa non era giustificata ne’ supportata da prove di colpevolezze e per tale motivo bene aveva fatto in prima battuta il Tribunale del Riesame ad annullare il provvedimento.

Esce a testa alta dall’inchiesta che lo ha riguardato per quasi due anni, il maresciallo della guardia costiera di Ischia “Vanni” Giovan Giuseppe Ferrandino. La sentenza ha dunque rigettato totalmente le tesi del Procuratore Generale ed ha messo fine alla vicenda giudiziaria che ha rischiato di travolgere la vita familiare e professionale del sottufficiale della capitaneria di porto. Un militare integerrimo e ligio al dovere, la cui fermezza era già da sempre talmente nota ai suoi superiori, che in occasione dei suoi arresti domiciliari non avviarono alcun procedimento interno e neppure sospensioni dal servizio che il maresciallo ha continuato a svolgere nel pieno delle sue funzioni fino ad oggi.

“Una fiducia – afferma l’avvocato di parte, Lorenzo Bruno Molinaro – che oggi viene ricompensata da questa importante sentenza della Cassazione, presa sulla scorta dei nostri rilievi in ordine alla carenza di indizi di colpevolezza e perché le dichiarazioni del denunciante si sono rivelate non veritiere, alla luce delle prove documentali e digitali fornite da noi difensori del Ferrandino che – conclude l’avvocato che ha assistito il suo cliente assieme al collega Luigi Tuccillo – in questa storia come abbiamo sempre sostenuto, resta la vittima innocente e sacrificale del denunciante, per aver fatto ben più del suo dovere, sottoponendo a vari sequestri la sua attività termale”. La pronuncia della Cassazione segue appena di una settimana quella che alla stessa maniera – ma emessa da diversa sezione della Suprema Corte – aveva tirato definitivamente fuori da ogni accusa l’altro indagato, Antonello D’Abundo. Anche per l’agente di viaggio, accusato dall’albergatore Ciro Castiglione amministratore della Cast Hotels, di essere stato il tramite delle richieste illegali del Ferrandino, secondo i giudici le accuse erano infondate perché formulate in assenza di qualsiasi prova. La vicenda giudiziaria prende avvio nel momento in cui il Castiglione si rivolge alla Procura (che nei mesi precedenti aveva delegato al sottufficiale della guardia costiera le indagini sugli scarichi irregolari degli stabilimenti termali isolani) per denunciare una presunta concussione. La Procura autorizzò il denunciante ad eseguire delle intercettazioni ambientali al fine di incastrare il Ferrandino ed il suo presunto complice, utilizzando quindi l’albergatore come “agente provocatore”.

Secondo l’interpretazione data dagli inquirenti alle registrazioni, Ferrandino e D’Abundo avrebbero chiesto esplicitamente ed ottenuto dall’albergatore che questi pagasse di tasca sua ben due soggiorni di vacanza al Ferrandino ed alla sua famiglia in un noto villaggio turistico della Puglia. “Le prove documentali che invece abbiamo prodotto – aggiunge la difesa – hanno dimostrato che quelle vacanze il nostro assistito se le era pagate di tasca sua”. Grazie alla tracciabilità del conto corrente del Ferrandino insomma, si è potuto appurare che nessuna operazione illecita era stata effettuata da parte dello stesso maresciallo che fra l’altro in quel periodo aveva sequestrato per ben due volte l’impianto non a norma degli scarichi termali presso l’azienda del suo accusatore a seguito dei controlli che erano stati ordinati dalla Procura.

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