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ADDIO ALLA PENSIONE DI REVERSIBILITÀ? IL GOVERNO VUOLE FAR CASSA SULLE VEDOVE

(di
Marina Crisafi)  Il Governo vuole far cassa sulla pelle
delle vedove, andando a toccare anche la pensione di reversibilità. È
questo l’allarme lanciato dal segretario generale dello Spi-Cgil, Ivan
Pedretti che
, sulle colonne dell’Huffington Post, denuncia l’arrivo di un
disegno di legge delega del Governo alla commissione lavoro della Camera,
contenente un punto molto controverso che andrebbe ad incidere appunto sul
diritto alla pensione di reversibilità.


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Spiegato
con parole semplici, secondo il ddl le reversibilità saranno
considerate prestazioni assistenziali e non più previdenziali.

Ciò
significa letteralmente che l’accesso alla pensione di reversibilità sarà legato
all’Isee e quindi al reddito familiare,
 andando a ridurre
inevitabilmente il numero delle persone che continueranno a veder garantito
questo diritto.
Com’è
noto, infatti, l’asticella dell’Isee è molto bassa (fissata spesso a redditi da
fame) e per superarla, facendo saltare tutti i benefici, basta poco.
Per
fare un esempio, è sufficiente che una donna anziana viva ancora con suo figlio
che percepisce anche un piccolo reddito da lavoro per far saltare il diritto o
che la stessa donna decida di condividere la casa con un’amica (magari vedova
titolare di pensione) per rendere meno grama la vecchiaia per perdere la
reversibilità. A contribuire all’Isee è anche la casa: la vedova che vive nella
dimora coniugale rimarrebbe così con la casa ma senza alcun reddito.
Ad
essere colpite, com’è evidente, saranno soprattutto le donne,
 principali
beneficiarie della prestazione in quanto aventi un’età media più alta rispetto
agli uomini. Donne che sarebbero – afferma Pedretti “doppiamente
colpite” perché oggi hanno una pensione media inferiore a quella degli
uomini e che “in futuro rischiano di impoverirsi ulteriormente”.
Sinora
per loro la reversibilità costituiva una piccola certezza su cui contare.
Sinora
appunto. Perché se dovesse passare così com’è il ddl andrebbe a demolire un
diritto individuale che diventerebbe inaccessibile per centinaia di migliaia di
soggetti.
“Questo
non è solo profondamente ingiusto – prosegue Pedretti – ma è anche tecnicamente
improprio e rischia di aprire un contenzioso anche a livello giuridico. La pensione
di reversibilità infatti è una prestazione previdenziale a tutti gli
effetti, legata a dei contributi effettivamente versati. Che in molti casi
quindi sparirebbero nel nulla, o meglio, resterebbero nelle casse dello
Stato”.
In
parole povere, una sorta di “rapina legalizzata” ai
danni degli italiani che si augura possa essere oggetto di ripensamento nella
discussione che si aprirà a breve in commissione lavoro.
Intanto
i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil hanno inviato al Governo una lettera
per sollecitare un tavolo di confronto.

[STUDIO CATALDI]

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