Corpo Forestale

FORESTALE SENZA VOLTO:”AVREI PREFERITO RESTITUIRE LA PISTOLA. ORA SIAMO PRECARI E SENZA DIRITTI”

(di Luca Telese per Tiscali Notizie) – Quando ho sentito la sua voce senza corpo, nel silenzio del teatro Brancaccio sono rimasto di sasso: “Siamo stati deportati nei carabinieri. Siamo stati militarizzati a forza, senza il nostro consenso”.

All’assemblea della Funzione pubblica della Cgil – sabato mattina – di fronte ad una Susanna Camusso che seduta in prima fila era anche lei stupita e spiazzata da un intervenuto che non poteva essere in alcun modo annunciato, “il forestale anonimo”, il sindacalista che ha perso il suo diritto ad essere sindacalista, ha voluto parlare lo stesso ai suoi ex compagni, forse per l’ultima volta.

L’unico modo che aveva a disposizione per raccontare la sua storia, se non voleva essere licenziato, era questo. Un corpo celato dietro un paravento, e la voce amplificata, un atto d’accusa pronunciato solo con le sue corde vocali: “Siamo stati smembrati – ha detto l’ex forestale riconvertito in modo coatto al ruolo di carabiniere – per un capriccio di Matteo Renzi. Siamo stati messi in condizione di non poter più operare come prima. In questi giorni drammatici non abbiamo avuto disposizioni e istruzioni efficaci per agire nell’emergenza: siamo un patrimonio disperso. Non ho più diritti civili – attacca l’ex forestale – nemmeno quello di poter parlare a voi, qui, stamattina, con il mio volto”.

Il colpo di scena durante l’assemblea della funzione Pubblica è arrivato in tarda mattinata è andato in onda quando questo sfogo di un ex iscritto, obiettore di coscienza, conquista l’ascolto di tutti. Prima di lui avevano parlato delegati di tutte le realtà del pubblico impiego. Non sembrava una assemblea sindacale, ma una sorta di Hyde park della grande crisi. Discorsi pronunciati in piedi, davanti ad un microfono, grande compostezza, e persino eleganza: pompieri, dipendenti, assistenti sociali. E poi è arrivato lui: l’ex forestale, trasferito d’ufficio nell’Arma dopo la soppressione della sua struttura. L’anonimo parlava davanti ai suoi ex compagni con questo artificio, perché se la sua identità venisse resa nota potrebbe essere punito con provvedimenti disciplinari, visto che oggi è diventato a tutti gli effetti un militare. Nel teatro lo sanno tutti, ovviamente, ma l’effetto è ugualmente straniante: “Dopo 18 anni da dirigente sindacale – ha spiegato l’ex forestale – se avessi potuto scegliere, avrei preferito riconsegnare la pistola, piuttosto che la tessera della mia organizzazione! Sono venuto qui a raccontarvi la mia storia, quello che stiamo facendo nella mia regione, l’Abruzzo, per rispondere all’emergenza. Ma sono venuto qui – aggiungeva l’ex agente – a dirvi che senza i forestali con questa riforma che non esiste in nessun paese d’Europa, rischiamo che molto reati ambientali non siano più perseguiti”. E ancora: “Vengono chiusi sulla base di accorpamenti non funzionali molti comandi, soprattutto nei piccoli comuni: erano quelli che formavano una rete capillare sul territorio. Una rete che evitava e aiutava a perseguire molti reati ambientali. Avevamo saperi, conoscenze, esperienza. Chi prenderà il nostro posto?”.

La domanda resta senza risposta. Ma per me – che di questo spettacolo surreale ero spettatore e cronista – la voce del Forestale senza volto racconto molto più della sua storia, e si fa simbolo. Il pubblico impiego, il mitico “postofisso” immortalato da Checco Zalone nel suo “Quo vado” non esiste più. È una memoria del passato. Oggi, nel tempo in cui non esiste più nessuna garanzia per nessuno, tutti possono diventare particelle, variabili dipendenti di un gioco più grande. Un giorno puoi perdere lo stipendio, un altro il tuo posto, la la città o la tua famiglia – come è accaduto ai professori questa estate – un altro ancora il tuo volto, o addirittura (come in questo caso) la tua identità. La flessibilità e la precarietà scompongono le nostre vite, e talvolta perdono i nostri corpi. Il forestale diventa senza volto perché la sua condizione cambia senza che il parere di nessuno di coloro che sono travolti dal presunto cambiamento possa contare. L’uomo che vede stravolta la sua vita per colpa di un algoritmo, o con un tratto di penna, oppure con un codicillo burocratico, ci racconta una storia che non parla solo di lui. Parla del mondo in cui stiamo vivendo: non esistono case sicure, non esistono conquiste perenni, non esistono condizioni pacificate o conquiste irreversibili. Ci avevano raccontato che la Forestale era uno un costo inutile, uno spreco da cancellare. Sabato al Brancaccio, sentendo quella voce carica di rabbia e di fierezza, ho capito che ad un uomo, con un decreto, puoi togliergli quasi tutto: ma non la sua dignità.

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