Forze di Polizia

CACCIA A IGOR IL RUSSO, POLIZIA CONTRO CARABINIERI: “NON CI DICEVANO NIENTE”

I militari del comando provinciale di Ferrara durante le riunioni del Comitato per l’ordine e la sicurezza – racconta oggi Repubblica in un articolo a firma di Giuseppe Baldassarro – non condivisero le informazioni con le altre forze dell’ordine. “Nei giorni immediatamente successivi all’omicidio del barista di Budrio, Davide Fabbri, non ci fu comunicazione tra i carabinieri e la polizia. I militari del comando provinciale di Ferrara durante le riunioni del Comitato per l’ordine e la sicurezza non condivisero le informazioni con le altre forze dell’ordine. Il caso affiora da un atto depositato al gip di Ferrara contro l’archiviazione dell’esposto dei figli Di Valerio Verri (la seconda vittima del killer di Budrio), secondo i quali loro padre non doveva essere mandato allo sbaraglio nelle valli dove si nascondeva l’assassino. Un’opposizione che porta la firma dell’avvocato Fabio Anselmo e che, sette mesi dopo i fatti, spiegherebbe come più di una cosa non funzionò nei giorni immediatamente successivi alla rapina finita con l’omicidio del barista. Tra i due delitti vi fu scarsa comunicazione tra le forze di polizia. Al punto che la stessa Questura, persino in una comunicazione dell’8 giugno (due mesi dopo i fatti) afferma di aver appreso le notizie del tempo dalla stampa e non dagli organi preposti, ossia durante le riunioni di comitato tecnico.

Nell’opposizione all’archiviazione dei figli di Verri si dice che “I carabinieri di Ferrara non potevano non sapere che Norbert Feher, alias Igor Vaclavic, fosse indiziato pesantemente dell’omicidio di Davide Fabbri. E sapevano fin da subito che si nascondeva nelle campagne tra Argenta, Porto Maggiore e Molinella, dove poi uccise la sua seconda vittima Valerio Verri”. Sapevano e “omisero” di avvertire il Comitato provinciale per la sicurezza e la Questura, che informati avrebbe potuto collaborare alle indagini e sospendere l’attività dei volontari dell’antibracconaggio salvando così la vita all’ambientalista.

Igor è oggi indagato per diversi episodi. Il primo risale al 30 marzo scorso, quando rapinò ad Argenta, in provincia di Ferrara, una guardia giurata a cui sottrasse la pistola. Il giorno dopo, durante una riunione di coordinamento, il comandante provinciale dell’Arma, Andrea Desideri, disse che erano “in corso le attività di indagine dirette alla ricerca del soggetto, in collaborazione con Molinella, in quanto si riteneva che si muovesse nel territorio di confine tra le provincie di Bologna e Ferrara”. In quell’occasione nessuno parlò di Igor, ma sui giornali locali, già si ipotizzava il suo coinvolgimento. Il primo aprile successivo ci fu la rapina al bar e l’omicidio di Davide Fabbri. Secondo la ricostruzione del legale fin da subito si sarebbe capito che il killer altro non era che Igor. Tanto che la magistratura chiese le intercettazioni per un telefono che si pensava fosse usato dal “russo”.

Si sospettava di lui e si sapeva anche dove poteva nascondersi. E ancora, per il legale non risulterebbero vere le dichiarazioni fatte da Desideri secondo cui solo dopo l’omicidio di Verri, l’8 aprile, e grazie alla testimonianza di Marco Ravaglia (la guardia provinciale che era con Verri e che resto ferita gravemente) si seppe di Igor. A testimoniarlo ci sarebbero le attività che i carabinieri svolsero poche ore dopo il delitto di Budrio. Ad Argenta infatti, il 3 aprile venne trovato un bivacco da cui sarebbe stato facile risalire al Dna dell’assassino da confrontare con le tracce lasciate a due giorni prima a Budrio. Invece i resti vennero inviati ai Ris 15 giorni dopo. Tra l’altro i tabulati sul telefono di Igor (che ora si trovano nel fascicolo di Bologna), lo avevano dato sempre nel ferrarese. Dunque, assunto che tutti erano convinti che si trattasse di lui (i giornali ne scrivevano da giorni) non si capisce perché neppure al comitato del 7 aprile, il giorno prima dell’omicidio di Verri, fu segnalata la sua presenza in zona.

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