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ALFANO PROMETTE 800 POLIZIOTTI CONTRO LA ‘NDRANGHETA, MA TAGLIA COMMISSARIATI IN TUTTA ITALIA

(di Roberto Galullo) – Tanto?
Poco? Nulla? Come si può definire il Piano d’azione nazionale e transnazionale
contro la criminalità organizzata di tipo mafioso calabrese, presentato ieri a
Roma dal ministro dell’Interno Angelino Alfano?

Partiamo
da un punto inequivocabile: qualunque sforzo nella direzione del contrasto e
nella prevenzione del crimine mafioso è benvenuto. Dunque, sgombriamo il campo
dagli equivoci: benvenga il Piano. Benvenga qualunque piano che dia speranza di
rinascita ad una terra (la Calabria) a mio opinabile giudizio persa per sempre
e a regioni (Lazio, Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Liguria) assalite
dalle cosche e non certo da ieri.
Detto
questo, fare i conti è purtroppo facile: 800 uomini in più annunciati dal
ministro. Ammesso e non concesso che saranno equidivisi, a ogni regione ne
toccherebbero 133,3 (periodico!). Una pinzillacchera, un’inezia direbbe Totò.
Un pannicello caldo, visto lo strapotere delle cosche e la capacità di
autorigenerarsi con nuove leve ogni qualvolta un’indagine giudiziaria (magari
definita epocale) sembra ridurne le truppe.
Tutto
vero signori miei ma i numeri fanno i conti con la cassa e la cassa piange. In
questi anni, a parte i proclami e i bla-bla-bla politici, le risorse alle Forze
dell’ordine sono diminuite anziché crescere. Se c’è un comparto che viene
regolarmente tagliato (rectius:
segato) è quello della Sicurezza. Non si investe più, non si assume più (se non
sotto emergenza), non si formano più tutori delle forze dell’ordine, si
tagliano le caserme e si dimezzano gli orari di servizio, le pattuglie e le
volanti sono rare e rarefatte, così come gli uffici sono pieni di vecchie
divise e le strade sono povere di poliziotti e carabinieri. Nessuno inoltre
vuole mettere mano alle duplicazioni (ha ancora senso avere Polizia e
Carabinieri, ammesso che un senso l’abbia mai avuto e per averne contezza basta
parlare con le forze investigative straniere) e la Dia è diventato un oggetto
misterioso che lascia il campo allo strapotere delle polizie giudiziarie (che
delle due l’una: o vengono guidate dai pm o sono loro a guidare, contro natura,
i pm e allora son dolori).
Pensare
di sconfiggere la ‘ndrangheta solo con 800 uomini in più equivale a sperare di
svuotare l’oceano con un cucchiaino. Nossignori, quel che ci vuole (e ce lo
insegnava un tale che si chiama Giovanni Falcone) è potenziare enormemente
l’intelligence e i suoi servizi.
Se le
cosche calabresi (ma analogo discorso vale, mutatis mutandis, in Sicilia e in Campania), infatti, fossero
ancora solo costituite da criminali badilanti aspromontani che dai rapimenti
sono passati negli anni al traffico di droga, beh, forse 800 uomini in più,
pure pure…
Ahimè,
signori miei, la ‘ndrangheta, così come Cosa nostra, da decenni è diventata un
raffinato ed evoluto sistema criminale nel quale compaiono stabilmente,
strutturalmente, magistrati, investigatori e servitori infedeli dello Stato,
giornalisti dalla penna sporca, professionisti al soldo, ecclesiastici che
hanno tradito la fede, politici allevati a vangelo (no, non quello degli
evangelisti) e via di questo passo.
Dimenticavo:
i sistemi criminali contano su apparati deviati dei servizi segreti e di questo
la democrazia italiana ha riempito le pagine di storia. Come bonificare
l’intelligence dalle anime nere (in tutti i sensi) in attesa di rafforzarla?
Ma
soprattutto – guarda tu – servizi segreti che in Calabria abbiano veri e propri
infiltrati nelle logge massoniche ufficiali e no. Perché è li, signori miei,
che in Calabria si incrociano i destini dei calabresi e, sempre più spesso,
degli italiani. A loro insaputa, anche se credo che ormai è il tempo di
spalancare gli occhi.
C’è
solo un piccolo problema e che sia ben chiaro al Governo (questo come altri
passati e futuri): le logge deviate, in Calabria, sono piene (anche) di
servitori deviati dello Stato. Come risolvere il problema?

Ah,
per questo ci vorrebbe un Piano…magari segreto. 

(tratto dal sole 24 ore)

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